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Tre anni di Covid, l'11 gennaio 2020 la Cina annunciò la prima vittima

Pechino all'epoca parlava di un virus simile alla Sars a Wuhan

L'esplosione di contagi da Covid-19 in Cina non rappresenta una "minaccia imminente" per l'Europa, a tre anni dalla prima vittima per polmonite atipica causata da un virus misterioso annunciata dal paese asiatico proprio l'11 gennaio 2020.

Il messaggio rassicurante arriva da Hans Kluge, direttore per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nella prima conferenza stampa del 2023 per fare il punto sulla situazione epidemiologica nella regione europea. Un dato positivo, dunque, ma l'attenzione deve restare alta perchè, avverte l'Oms, nuove varianti sono possibili in qualunque momento e preoccupa anche la crescita della cosiddetta sottovariante Kraken. Il primo focolaio, dissero allora le autorità di Pechino, era stato individuato nel dicembre 2019 nella città di Wuhan. La Commissione sanitaria locale affermò che fino a quel momento erano stati diagnosticati 41 casi con i sintomi della nuova polmonite. Di lì a poco il nuovo coronavirus apparve in tutto il mondo, causando miliardi di casi e milioni di morti. Oggi, però, la nuova ondata di Covid in Cina non dovrebbe avere un impatto significativo in Europa. "Scientificamente - spiega Kluge - non c'è una minaccia imminente per l'Ue e le varianti del virus SarsCoV2 circolanti in Cina sono quelle già viste in Europa e altrove". Ma non possiamo accontentarci, avverte, precisando che la Cina ha condiviso informazioni sul sequenziamento del virus ma "abbiamo bisogno di informazioni dettagliate e regolari".

A preoccupare in questo momento è, in particolare, la sottovariante XBB.1.5 Kraken, che si sta rapidamente diffondendo negli Stati Uniti. Su questa 'sorella' della variante Omicron è puntata la lente dei ricercatori, mentre cresce la preoccupazione anche in Europa. Dati recenti, precisa Kluge, "stanno iniziando a indicare la crescente presenza di XBB.1.5 ed i casi nella nostra regione vengono rilevati in numero piccolo ma crescente: stiamo lavorando per valutarne il potenziale impatto". Al momento, rassicura anche lo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), nei Paesi europei la XBB.1.5 è stata responsabile di meno del 2,5% dei contagi e non è detto che diventi dominante in Ue.

Resta però fondamentale intensificare la sorveglianza genomica. Nell'ultimo anno, rilevano dall'Oms, "molti paesi Ue hanno notevolmente ridotto la loro capacità di sorveglianza per il Covid-19", ma dopo tre anni di pandemia "non possiamo permetterci ulteriori pressioni sui sistemi sanitari" e dobbiamo essere in grado, afferma Kluge, di "anticipare, rilevare e rispondere in tempo". Quanto alle misure sui viaggi, secondo l'Oms "non è irragionevole che i Paesi adottino misure precauzionali", ma la richiesta è che siano "radicate nella scienza, proporzionate e non discriminatorie". L'invito è anche a continuare ad applicare le 5 misure finora efficaci: aumento della diffusione del vaccino, dosi ulteriori ai gruppi prioritari, uso della mascherina all'interno e nei trasporti pubblici, ventilazione degli spazi affollati, terapie precoci ai pazienti a rischio.
   

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