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Amato, il Dottor Sottile dal curriculum record

Amato, il Dottor Sottile dal curriculum record

Uomo garbato nei toni ma inflessibile nelle scelte

17 gennaio 2022, 17:49

di Paolo Dallorso

ANSACheck

Giuliano Amato - RIPRODUZIONE RISERVATA

Giuliano Amato - RIPRODUZIONE RISERVATA
Giuliano Amato - RIPRODUZIONE RISERVATA

L'uomo è garbato nei toni ma inflessibile nelle scelte: fu lui, da primo ministro, a volere ed ottenere la fine della scala mobile. Sempre Amato – nel 1992 - ebbe il coraggio di varare una Finanziaria da 93 mila miliardi di lire (un record a quei tempi) che non esitò a definire “di lacrime e sangue” e a cui affiancò un prelievo forzoso del 6 per mille su tutti i depositi bancari (effettuato nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992).

Un socialista da sempre piaciuto a Silvio Berlusconi (“mi può capitare di guardarmi allo specchio e di vederci Giuliano Amato”, disse una volta il Cavaliere), il “dottor Sottile” presenta oggi un curriculum sterminato. Nato a Torino il 13 maggio del 1938, muove i primi passi in politica con il Psi nel 1958 e per il garofano è stato deputato dall'83 al '93. Due volte presidente del Consiglio (dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001), due volte Ministro del Tesoro (1987-1989 e 1999-2000) e ministro per le riforme istituzionali (1998-1999).

Dal 2013 – con un precedente passaggio alla guida dell’Antitrust e un ritorno all’antico amore per l’insegnamento - è giudice costituzionale e dal settembre 2020 ricopre la delicata vicepresidenza della Consulta. Un “azzeccagarbugli” che non chiede incarichi e ne ottiene più di quanti ne possa accettare, è anche professore di diritto costituzionale, saggista, uomo di cultura enciclopedica, non privo di gocce di alterigia che non si cura di trattenere.

Negli anni ottanta Eugenio Scalfari coniò per lui il soprannome di Dottor Sottile, con doppio riferimento al suo acume politico e alla gracilità fisica che però non ha mai mostrato sui rettangoli dei campi da tennis, sua grande passione. Giorgio Forattini giocò con la matita raffigurandolo come Topolino in risposta all'allarme da lui lanciato - nel 1992 - di un'Italia pericolosamente percepita come la Disneyland d’Europa.

 

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