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San Carlo, Warlikowski debutta con Barbablù e La voce umana

San Carlo, Warlikowski debutta con Barbablù e La voce umana

Il 24 maggio la prima del regista polacco, Gardner sul podio

NAPOLI, 20 maggio 2024, 16:13

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

Debutta a Napoli il dittico che unisce 'Il castello di Barbablù' di Béla Bartók e 'La voce umana' di Francis Poulenc, in scena al Teatro di San Carlo per la Stagione Lirica 2023-24: quattro le recite in cartellone, da venerdì 24 a giovedì 30 maggio, per una produzione dell'Opéra di Parigi e del Teatro Real di Madrid.
    La regia è del maestro polacco Krzysztof Warlikowski, Leone d'Oro alla Carriera alla Biennale Teatro nel 2021, per la prima volta al Lirico partenopeo. Torna sul podio, invece, Edward Gardner per dirigere l'Orchestra del Teatro di San Carlo. Le scene e i costumi sono di Małgorzata Szczęśniak, la drammaturgia di Christian Longchamp. Felice Ross firma le luci, riprese da Sofia Alexiadou, mentre Denis Guégin cura il video. La coreografia è di Claude Bardouil.
    Nel cast vocale de 'Il castello di Barbablù', l'opera di Bartók su libretto di Béla Balázs, John Relyea interpreta il duca ed Elīna Garanča dà voce e volto a Judith, la moglie, al suo debutto nel ruolo. Riscrittura in chiave psicologica e simbolista, l'antecedente letterario è duplice: la fiaba 'La Barbe bleue' di Charles Perrault e il dramma 'Ariane et Barbe Bleue' di Maurice Maeterlinck.
    Barbara Hannigan è, invece, 'Elle' (Lei), la donna senza nome protagonista della 'tragédie lyrique' di Poulenc nata dalla pièce omonima di Jean Cocteau. Il monologo si svolge al telefono con 'Lui', ruolo muto, all'altro capo dell'apparecchio, interpretato da Giuseppe Ciccarelli.
    È uno iato di circa cinquant'anni che separa 'Il castello di Barbablù' da 'La voce umana': Bartók realizzò il suo lavoro nel 1911, Poulenc nel 1958. Le due opere appaiono assolutamente lontane per l'argomento, il linguaggio, il contesto. Eppure, nella sua rilettura Warlikowski vuole che scorrano fluide l'una nell'altra, senza soluzione di continuità, trovando uno spazio di condivisione nel ruolo primario che ricoprono i personaggi assenti in scena, nella solitudine, nell'oppressione e nell'inquietudine dei tormenti più profondi.
   

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