(di Mauretta Capuano)
E' un invito alla gioia, ad andare, a
fare, a esistere quello che viene da Anny Ronmand, la
scrittrice, attrice, fotografa armena, che ora in 'Abbandonata',
pubblicato da La Lepre Edizioni, racconta la sua storia tra
autobiografia e finzione e mostra tutta la sua capacità di
rinascere ogni volta.
Abbandonata appunto dal padre prima della nascita, quando la
mamma era incinta a 19 anni, cresciuta soprattutto dalla amata
nonna alla quale ha dedicato il libro 'Mia nonna d'Armenia', la
Romand al suo arrivo alla fiera 'Più libri più liberi' dice
all'ANSA che il dolore "o ti distrugge o ti da più forza e
allora diventi indistruttibile".
"Le donne devono prendere le briglie del cavallo e dirigere la
loro vita. Siate voi stesse, combattete perciò in cui credete e
che potete ottenere e arriverete alla gioia di vivere che non
dipende da nessuno, è dentro di voi" è il messaggio che lancia
la Romand che sta girando con Laura Morante una serie tv
francese in cui fa la sua amica. "E' in sei episodi da 52
minuti, si chiama 'Alphonse' con Jean Dujardin. Io ho una
piccola parte" racconta.
"Bisogna avere coraggio, avere forza. Ridare fierezza alle
donne. Bisogna parlare della profondità della loro anima"
incalza e annuncia che potrebbe scrivere un terzo libro:
"continuo a scavare in me stessa. 'Abbandonata potrebbe essere
anche una serie in tv, non ho avuto proposte ma sarebbe bello".
Ma cosa pensa di quello che sta accadendo in Iran? "E' il top
della crudeltà. E' la prova che gli uomini hanno capito che le
donne sono forti e per questo le cancellano. Adesso loro stanno
uscendo: erano sotterrate e invece si aprono come fiori. Sono le
donne che stanno creando problemi allo Stato" afferma.
Da attrice la Romand è stata diretta da registi come Jean-Luc
Godard e Manoel de Oliveira e ora in Abbandonata ha preso la sua
vita e in qualche modo l' ha reinventata. "Quando si scrive si
cerca in se stessi ciò che scriveremo. Anche quando racconti una
storia d'amore ti rifai alla tua storia d'amore per raccontarne
un'altra. I sentimenti non si possono inventare, li abbiamo
vissuti e li trascriviamo. Per me leggere un copione è entrare
nel personaggio che poi uscirà da me" dice la scrittrice che a
Parigi, dove vive, organizza serate dedicate ai premi Nobel.
"Molte persone leggendo Abbandonata mi hanno detto si vede il
personaggio, l'ho messo in scena come nel cinema. Quando la
figlia incontra il padre si vede la scena e questo è il mio lato
di attrice. C'è poi un lato letterario e mi sono resa conto che
dalle serate letterarie sul Nobel ho imparato la lezione di
scrivere con semplicità. Amo molto Annie Ernaux, scrive ciò che
sente con molta semplicità. Può essere anche complicato quello
scrive ma c'è sempre una verità e sincerità personale. Senza
paura e senza preoccuparsi di ciò che penserà il lettore".
Il padre ha deciso di incontrarlo a 40 anni: "Non potevo
immaginare di morire senza aver avuto il coraggio di cercarlo.
Sarebbe stato un peso nella mia vita. Sono andata a cercarlo
anche per togliere la vergogna che pesava su mia madre, la
vergogna di aver avuto una bambina senza marito. E volevo dirgli
che invece la vergogna pesava su di lui, ma non ci sono riuscita
perché lui aveva già l'Alzheimer, ma va bene così" spiega la
scrittrice-attrice.
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