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A Siracusa Prometeo incatenato a una ciminiera in rovina

A Siracusa Prometeo incatenato a una ciminiera in rovina

Applausi al Teatro Greco per la prima della stagione dell'Inda

PALERMO, 12 maggio 2023, 16:43

Redazione ANSA

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A Siracusa Prometeo incatenato a una ciminiera in rovia - RIPRODUZIONE RISERVATA

A Siracusa Prometeo incatenato a una ciminiera in rovia - RIPRODUZIONE RISERVATA
A Siracusa Prometeo incatenato a una ciminiera in rovia - RIPRODUZIONE RISERVATA

In un luogo infame, ai confini del mondo, nella Scizia orientale, non lontano dall'Ucraina, c'è una fabbrica abbandonata. Tutto è stato divorato dalla ruggine.
    Porte di ferro, stridore di ferraglia, tubi di ghisa ormai in disuso. Dalla copertura di un forno industriale esce ancora il fumo. È la scena del Prometeo Incatenato di Eschilo che ha inaugurato l'11 maggio al teatro greco di Siracusa la 58/a stagione dell'Inda.
    Il Potere e la Violenza, Kratos e Bia, aprono la tragedia, arrivano su un carro che scorre su un binario morto e portano con sé il condannato, Prometeo, incappucciato e legato mani e piedi, colpevole di tracotanza, di hybris, ha sfidato Zeus e ora ne paga le conseguenze. Incaricato di incatenarlo alla rupe che qui è una ciminiera, è Efesto, riluttante, amico di Prometeo, e per questo sorvegliato da Kratos e da Bia. Eschilo si schiera con il titano, un dio strano, affetto da sentimenti e da amore per gli uomini, disposto a sacrificarsi per loro. Ma soprattutto Prometeo ha pietà degli uomini, della loro fragilità, in balia delle malattie, delle guerre, basta un soffio e sono condannati a morire. E sempre per pietà Prometeo ha insegnato loro la saggezza, la temperanza e la medicina, come curarsi con le erbe.
    Ma per metterli in condizione di difendersi gli ha donato anche il fuoco. Ora possono anche costruire armi. E qui Zeus "inflessibile e rancoroso" che governa oltre la legge e "della Giustizia fa quel che gli pare", decide di liberarsi di Prometeo.
    È però una tragedia statica, difficile, poco più di 1000 versi e non succede nulla, fatta eccezione per la commozione che il titano suscita in un teatro sold out. Due poteri si oppongono l'uno all'altro e lo scontro tra la dittatura e la democrazia, tra la tracotanza degli dei e la sofferenza degli uomini sta tutto nella pietà e nel sacrificio di Prometeo. Punti di forza dello spettacolo sono la duttilità, la fascinazione della recitazione degli attori, la bellissima traduzione di Roberto Vecchioni, presente allo spettacolo, la regia elegante e sobria di Leo Muscato. Ma su tutti spicca la prova di Alessandro Albertin, dall'alto della ciminiera, mite e dolente, quasi immobile, può contare solo sulla voce, in grado di esprimere tutti gli sconvolgimenti dell'animo e La forza del suo convincimento. Zeus è assente? Nel testo non c'è, ma la regia lo evoca: come in una scarica di energia talvolta si accendono le luci al neon del fondo della fabbrica. Zeus ascolta, brama di sapere il segreto che Prometeo conosce e che potrebbe spodestarlo. Non lo saprà mai, mentre un'aquila è già arrivata, pronta a rincarare la dose della punizione, pronta a sbranare il fegato dell'eroe.
    La scena di Federica Parolini è profetica, suggerisce il futuro del mondo industriale e del progresso spinto oltre i limiti concessi all'uomo. Le coreografie di Francesca Della Monica muovono il coro delle Oceanine come le onde del mare, nei costumi di Silvia Aymonino. Nove minuti di applausi per tutti, da Silvia Valenti a Davide Paganini a Michele Cipriani, Alfonso Veneroso, a Deniz Ozdogan e un divertente e infantile Hermes, Pasquale di Filippo.
   

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