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Fine vita, il Fvg dice no alla legge sul suicidio assistito

Fine vita, il Fvg dice no alla legge sul suicidio assistito

Terza Commissione Consiglio boccia pdl associazione Coscioni

TRIESTE, 09 aprile 2024, 19:05

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

No al suicidio medicalmente assistito. È la decisione presa dalla Regione Friuli Venezia Giulia la cui III Commissione del Consiglio regionale, competente in materia di Sanità, ha bocciato la proposta di legge di iniziativa popolare "Liberi subito" dell'associazione Luca Coscioni.
    Il testo era giunto in Aula forte delle firme di oltre ottomila cittadini ma una volta al voto nessuno dei sei articoli complessivi che richiedevano la maggioranza assoluta è passato, grazie al centrodestra compatto.

    Elaborata e promossa dall'associazione Luca Coscioni, la proposta aveva l'obiettivo di definire il rispetto e la diretta applicazione a ruoli, procedure e tempi del servizio sanitario regionale di verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita. Le opposizioni si sono espresse a favore.
"Osservo con preoccupazione - ha dichiarato l'assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi - un dibattito che si sviluppa dando per scontato che questa aula possa arrogarsi il diritto di legiferare su una materia come il fine vita: ciò comporterebbe che, su un tema di tale complessità, potrebbero esserci una ventina di approcci diversi, tante sono le regioni italiane. Penso ci siano sedi in cui questi temi non devono essere affrontati ma ritengo profondamente giusto invece che queste sedi stimolino coloro che hanno la responsabilità di prendere delle decisioni che in questo momento non sono state prese".
Il centrodestra ha spiegato il 'no' alla norma attraverso due motivazioni: la prima riguarda la competenza, "che in questo campo deve essere esercitata dallo Stato", come indicato da Andrea Cabibbo di Forza Italia e Lucia Buna della Lega. In secondo luogo, come espresso da Claudio Giacomelli di Fratelli d'Italia, esiste "una possibile discriminazione tra malati con patologie irreversibili, perché ad alcuni si garantirebbero tempi certi per il suicidio assistito e ad altri non si darebbero altrettante certezze relative alle cure, come ad esempio trattamenti di chemioterapia o trapianti".
Secondo il gruppo consiliare del Pd, "la necessità di riconoscere il suicidio medicalmente assistito, così come garantito dalla sentenza della Corte costituzionale, è un passo necessario che la politica e le istituzioni non possono continuare a ignorare: serve una legge che tuteli un diritto riconosciuto e garantisca tutti, chi soffre in maniera estrema e chi opera nella sanità, e la chiusura di oggi in Commissione da parte del centrodestra non va certo nella direzione di un'assunzione di responsabilità in tal senso". 
   

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