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Gdf scopre compravendita abusiva di bitcoin per 1,9 milioni

Gdf scopre compravendita abusiva di bitcoin per 1,9 milioni

L'indagine a Parma, un sito internet sotto sequestro

BOLOGNA, 14 maggio 2024, 10:15

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

Un giro di bitcoin da circa 1,9 milioni di euro attraverso un sito dove l'attività di intermediazione è stata ritenuta illecita è stato scoperto dalla Guardia di Finanza di Parma che ha notificato un avviso di conclusione di indagini preliminari per abusivismo finanziario.
    Nel corso degli accertamenti, coordinati dalla Procura e avviati nel 2021, i finanzieri hanno anche sottoposto il sito a sequestro preventivo.
    Secondo l'ipotesi investigativa l'indagato avrebbe promosso, attraverso lo spazio web, la compravendita di criptovalute a potenziali investitori che ricaricavano, in contanti, in uffici postali o esercizi convenzionati, diverse carte prepagate nella disponibilità diretta o indiretta dell'uomo. Questo avrebbe permesso di aggirare il limite massimo annuo di accredito su una singola carta, 100mila euro. Una volta ricevute le somme dagli investitori e dopo aver trattenuto una commissione, tra il 5% ed il 10%, l'indagato avrebbe acquistato i bitcoin in piattaforme autorizzate di trading online per renderli disponibili successivamente sui portafogli digitali degli investitori. A fronte di questa intermediazione, non sarebbe stato istituito alcun sistema di controllo antiriciclaggio.
    Tra il 2017 e il febbraio 2021 sono stati ricostruiti acquisti di criptovalute per conto di oltre 1.600 investitori su tutto il territorio nazionale per circa 1,9 milioni e sono state quantificate in 140mila euro le commissioni percepite dall'indagato per l'illecita intermediazione, somma in relazione alla quale sono stati anche omessi i prescritti obblighi tributari. Sono state inoltre contestate sanzioni amministrative per violazione della normativa antiriciclaggio a 18 esercizi convenzionati abilitati alla ricarica di carte prepagate nelle province di Napoli, Milano, Roma e Cosenza, per mancata identificazione dei clienti che avevano effettuato le ricariche in contante, e all'indagato principale per aver omesso tutti gli obblighi antiriciclaggio. Sono stati contestati infine a persone fisiche ricavi non dichiarati all'erario per 170.000 euro.
   
   

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