"Al momento della vostra nomina a
ministro, il Comitato Nazionale Docenti Vincolati ha riposto in
lei grandi speranze.
Tutti i nostri interlocutori si dicevano soddisfatti di questa
scelta, riconoscendola come una persona di buonsenso e,
soprattutto, aperta al dialogo, qualità purtroppo assente in
colei che l'ha preceduta.
Da allora quasi un anno è passato e a parte alcune dichiarazioni
strappate durante un incontro online avvenuto lo scorso maggio e
una breve conversazione con i manifestanti di Ferrara, ben poco
ci è rimasto di lei che non fosse filtrato attraverso suoi
collaboratori, politici, sindacalisti e organi di stampa". E' la
lettera al ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi dei
cosiddetti docenti vincolati; tratta di docenti immessi in ruolo
dalle GAE nella propria provincia o dalle Graduatorie dei
concorsi nella propria regione e che sono incappati nelle
strettoie dei vincoli prima previsti dalla sola 145 e poi anche
della 159 per tutti i neo immessi in ruolo a partire
dall'1.9.2020.
"Ad ogni "il ministro conosce il problema e sta cercando una
soluzione", ottenevamo in concreto - si legge nella lettera -
solamente delusioni sotto forma di emendamenti dichiarati
inammissibili quando non espressamente respinti dal ministero,
di riduzioni, sì, ma senza la possibilità di richiedere la mai
negata mobilità annuale, necessaria per le situazioni familiari
più difficili, di nuovi vincoli ulteriormente vessatori, e
ulteriori legificazioni delle materie di pertinenza della
contrattazione sindacale. Se queste sono le soluzioni, ci
chiediamo se si sia davvero ben compreso il problema. Forse ciò
che è mancato è stato proprio il contatto con i diretti
interessati. Meno di una settimana fa ha dichiarato che le
rimostranze dei sindacati che hanno deciso di scioperare per la
scuola sono ingiuste, e che voi avete messo 10 miliardi nella
scuola, eppure sembra già confermato che gli stipendi dei
docenti aumenteranno di poco più di 10 euro al mese. Come può
apprezzare questo aumento chi viene costretto dallo stato a
spendere metà o più del proprio stipendio in spese di trasporto
o affitto, oltre che a stare lontano dai propri affetti, mentre
cattedre ben più vicine restano vacanti o vengono affidate a
personale non in possesso dei requisiti? Perché ostinarsi ancora
a non voler attuare una misura che non genererebbe oneri per lo
stato? Quale proficua continuità didattica può essere portata
avanti da chi vive la propria giornata solo nell'attesa di
tornare a casa?"
"Il personale finito a 200, 300 o anche più km dalla propria
residenza chiede solo di poter prestare il proprio servizio
annualmente in una cattedra più vicina; nessuno pretende che sia
sotto casa, ma che sia perlomeno in posti più facilmente
raggiungibili o con collegamenti diretti.
Sembra assurdo che in tempi di pandemia ci si ostini ancora a
negare un diritto da sempre garantito a tutto il personale,
costringendo i docenti immessi a partire dall'anno 2020/21 a
prendere anche sei mezzi pubblici al giorno per raggiungere il
proprio luogo di lavoro, esponendo sé stessi, la propria
famiglia e le proprie classi ad un fortissimo rischio di
contagio.
Questa volta non accetteremo un "non dipende da me". In quanto
ministro lei ha il potere di porre fine a questa ingiustizia, e
decidere di farlo o meno definirà quella che sarà, in primis, la
sua linea su questa questione", concludono Angela Mancusi,
Presidente del Comitato Nazionale Docenti Vincolati e
Alessandro Amante , Vicepresidente del Comitato Nazionale
Docenti Vincolati.
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