La Procura della Repubblica
dell'Aquila ha impugnato la sentenza di primo grado con la quale
il Tribunale dell'Aquila, nel marzo dello scorso anno, ha
assolto con formula piena i vertici dirigenziali e tecnici di
Strada dei Parchi, società per azioni del gruppo industriale
abruzzese Toto, dall'accusa di mancata manutenzione dei pilastri
di ponti e viadotti del tratto aquilano delle autostrade A24 e
A25.
L'appello è stato depositato il 22 giugno 2023, con la
notifica ai difensori degli imputati avvenuta l'11 luglio 2023:
ci sarà quindi un nuovo processo in Corte d'appello, per il
quale, ad oggi, l'udienza non è stata ancora fissata. Da Strada
dei Parchi, di nuovo concessionaria delle due arterie laziali ed
abruzzesi dal primo gennaio scorso, nessun commento ufficiale
anche se dall'interno del sodalizio trapela un certo stupore la
diffusione di un fatto noto da mesi.
Parlano invece i legali: "Confidiamo come sempre nella
giustizia che ha già assolto i vertici di Sdp per ben due
volte". Nella sentenza dell'8 marzo dello scorso anno, i giudici
dell'Aquila avevano assolto con formula piena, "perché il fatto
non sussiste", l'imprenditore pescarese Carlo Toto, proprietario
della Toto Holding Spa, considerato dall'accusa amministratore
di fatto di Strada dei Parchi, l'allora amministratore delegato,
Cesare Ramadori, il direttore generale di esercizio, Igino Lai,
e Gianfranco Rapposelli, amministratore delegato di
Infraengineering Spa, società partecipata di Sdp, specializzata
nella progettazione.
La Spa è tornata a gestire le A24 e A25 dopo la revoca
anticipata in danno decisa nel luglio 2022 dal Consiglio dei
ministri a guida Draghi per gravi inadempienze che secondo il
ministero per le Infrastrutture e Trasporti avevano causato il
pericolo crollo di ponti e viadotti. Al termine di un maxi
contenzioso innescato dalle numerose impugnazioni presentate da
Sdp, che ha sempre respinto ogni addebito, al Tar, al Consiglio
di Stato e in sede civile, su volere dell'attuale governo, il
Parlamento ha abrogato la revoca e assegnato nuovamente, dopo un
anno e mezzo di gestione pubblica di Anas, la concessione al
privato. All'intesa si è giunti dopo che l'esecutivo ha
rischiato di essere condannato ad un mega risarcimento di oltre
2,6 miliardi di euro come indennizzo per la revoca anticipata ed
i danni per una decisione posta su basi non oggettive.
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