Sono sette in totale gli agenti
della Polizia locale indagati e per i quali si profila la
richiesta di processo sul caso della donna transessuale di 42
anni che, il 24 maggio scorso, fu colpita con manganellate,
anche in testa, e calci, oltre a spray al peperoncino spruzzato
in viso, in zona Bocconi a Milano, mentre alcuni studenti
riprendevano tutto coi telefonini. Video subito finiti online e
poi acquisiti nelle indagini.
Oltre, infatti, ai tre vigili accusati di lesioni aggravate
anche dall'abuso della pubblica funzione e falso in atto
pubblico (quest'ultimo reato contestato a due di loro), di cui
già si era saputo, ad altri quattro agenti vengono imputati i
reati di falso in atto pubblico (contestato a due) e anche di
"abuso di autorità contro arrestati o detenuti" (contestato a
tre di loro). Quest'ultimo reato, in particolare, come emerge
dagli avvisi di conclusione delle indagini coordinate
dall'aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Giancarla Serafini,
riguarda il fatto che la donna dopo essere stata bloccata,
malgrado fosse "collaborativa" e in condizioni fisiche
"critiche", venne tenuta ammanettata, scrivono i pm, in una
camera di sicurezza con "le braccia dietro la schiena per circa
un'ora" nell'Ufficio centrale fermi e arrestati di via Custodi a
Milano, dopo il presunto pestaggio.
Tra gli indagati figura pure il "responsabile dell'Ufficio
centrale fermi e arrestati" di Milano. Un avviso di conclusione
indagini è stato notificato anche alla stessa donna per le
accuse di resistenza, lesioni ai danni di un agente, rifiuto
d'indicazioni sulla propria identità personale e ricettazione.
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