(ANSA) - PALERMO, 30 MAR - Dopo qualche mese si sarebbe dato
alla macchia e fino alla sua morte sarebbe riuscito a sfuggire
alla giustizia. Ma per i giudici di Trapani il boss Francesco
Messina Denaro, a capo del mandamento di Castelvetrano dagli
anni '80, padre di Matteo, ex primula rossa di Cosa nostra, era
un "lavoratore assiduo" e un "risparmiatore oculato" e non
c'erano prove della sua vicinanza a Cosa nostra.
Un giudizio in netto contrasto con le valutazioni dell'allora
pm di Marsala Paolo Borsellino che per don Ciccio aveva chiesto
la misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
"Non luogo a procedere" fu il verdetto dei giudici del
tribunale di Trapani Massimo Palmeri, Giuseppe Barracco e
Tommaso Miranda che a luglio del 1990 respinsero la richiesta
della Procura di Marsala, sostenendo che non ci fossero elementi
per applicare al padrino la misura di prevenzione personale
della sorveglianza speciale.
Barracco nel frattempo è morto, Miranda è presidente di
sezione del tribunale a Napoli e Palmeri, attuale procuratore di
Enna, ha fatto domanda come procuratore aggiunto a Palermo e
dopo aver perso il concorso per la guida dell'ufficio inquirente
di Marsala attende l'esito del ricorso contro il suo avversario,
Fernando Asaro nominato dal Csm procuratore. (ANSA).
Quando padre di Messina Denaro per giudici era 'brava persona'
Nel 1990 respinta richiesta Borsellino per sorveglianza speciale
