"Il reato commesso da Mandolini è
connotato da rilevante gravità, sia con riferimento alla
capacità a delinquere - perché l'immediata falsificazione è
rivelatrice dell'abilità di reagire, anche commettendo illeciti,
senza frapporre all'azione delittuosa titubanze o meditazione -,
sia per l'intensità del dolo intenzionale, sia per l'entità
delle conseguenze della condotta, posto che il falso nel verbale
di arresto va individuato come la madre dei successivi
depistaggi che hanno inizialmente sviato le indagini sugli
autori della violenza subita da Stefano Cucchi verso gli agenti
della Polizia Penitenziaria". E' quanto scrivono i giudici di
secondo grado di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui,
nel luglio scorso, hanno condannato a tre anni e sei mesi il
maresciallo Roberto Mandolini e il carabiniere Francesco Tedesco
a 2 anni e 4 mesi nell'ambito del processo di appello bis sul
pestaggio di Stefano Cucchi.
Nelle motivazioni i giudici aggiungono che
"non deve omettersi, nella valutazione di elevata gravità del
delitto e con riferimento alla condotta contemporanea al reato,
che il Mandolini, quando ha commesso il fatto, rivestiva, quale
comandante interinale della Stazione Carabinieri Appia, una
posizione di garanzia dell'integrità dei ristretti per
l'attività di servizio, e che i doveri inerenti quella posizione
sono stati violati, oltre che con la condotta di falso
finalizzato a coprire la violenza subita dal Cucchi, con la
denegata tutela connessa all'assenza di cure tempestive che
sarebbero state prestate a Cucchi se il comandante della
Stazione avesse, come era suo dovere fare, immediatamente
attivato i controlli sanitari anche solo per la verifica che lo
stato di Cucchi, dopo le botte, non richiedesse interventi
medici ulteriori e in modo tale da rassicurare l'arrestato
sulla, doverosa, stigmatizzazione ambientale dell'abuso commesso
dai pubblici ufficiali che lo avevano in custodia". Una
condizione che "avrebbe certamente prodotto la rivelazione
precoce delle sofferenze patite" dal trentenne e
"auspicabilmente l'interruzione della serie causale che ha
condotto alla sua morte".
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