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La pesca continua a fare strage di squali, 80 milioni ogni anno

La pesca continua a fare strage di squali, 80 milioni ogni anno

Studio canadese. Allarme Wwf, più controlli e zone di protezione

ROMA, 16 gennaio 2024, 11:47

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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Sono 80 milioni gli squali di ogni razza vittime ogni anno della pesca eccessiva, vale a dire il 5%. Un fenomeno in crescita, visto che nel 2012 ne erano stati uccisi in media 76 milioni. Lo rileva il Wwf sulla base del nuovo studio pubblicato sulla rivista Science dall'Università canadese di Dalhousie, che mette a fuoco i risultati rilevati nel 2019 causati da attività o di pesca mirata o di catture accidentali. "Gli squali sono tra le specie animali più minacciate al mondo", spiega Simone Niedermüller, esperta squali per la Wwf Mediterranean Marine Initiative, che chiede "migliori controlli a mare e lungo la filiera e la protezione delle zone di crescita e di riproduzionei". Quanto al commercio della carne di squalo, ricorda il Wwf, nei paesi asiatici la zuppa di pinne è considerata una prelibatezza, ma viene consumata anche in Europa; secondo lo studio, infatti, l'Italia è uno dei maggiori consumatori di carne di squalo che, avverte Giulia Prato, responsabile Mare del WWF Italia, "spesso finisce anche nascosta nei piatti sotto falso nome".

Gli squali svolgono un ruolo chiave nel mantenere l'equilibrio della rete alimentare marina e contribuiscono al sequestro di CO2 negli oceani, fa sapere il Wwf, per questo devono perciò essere tutelati, soprattutto nei paesi occidentali la cui sicurezza alimentare non dipende da queste specie.

Secondo lo studio, il 30% delle specie uccise sono minacciate, evidenziando come le attuali misure di protezione non siano sufficientemente efficaci. Anche quando la pesca è vietata, spesso gli squali finiscono nelle reti o nei palangari come cattura accessoria e vengono poi ributtati in mare morti o morenti. Pertanto, è necessario un approccio globale che combini zone di divieto e gestione regionale della pesca. "Gestione che deve andare oltre i divieti di finning (il taglio delle pinne che avviene prima di ributtare in mare l'animale ormai agonizzante) e la protezione delle singole specie - conclude Niedermüller - tenendo conto delle caratteristiche regionali e locali, nonché del coinvolgimento dei pescatori nella protezione degli animali". 
   

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