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8 marzo di lotta per le donne, da Iran e Afghanistan a Italia, la voce di chi non ha voce

8 marzo di lotta per le donne, da Iran e Afghanistan a Italia, la voce di chi non ha voce

Parità lontana ma da noi passi importanti, nel mondo impedire l'istruzione femminile è rendere invisibili

08 marzo 2023, 09:35

di Alessandra Magliaro

ANSACheck

Dominican women protest demand decriminalization of abortion © ANSA/EPA

Dominican women protest demand decriminalization of abortion © ANSA/EPA
Dominican women protest demand decriminalization of abortion © ANSA/EPA

Non è mai troppo parlare di donne e non solo perchè c'è l'8 marzo da anni viene considerata una 'festa' della donna - con tanto di collezioni moda, beauty e pasticcini dedicati - ma invece è un giorno di lotta e rivendicazione, nasce infatti per celebrare le battaglie politiche e sociali delle donne. Non è mai troppo nè tardi perchè il genere femminile è sotto attacco. Quello che sta accadendo in Iran e in Afghanistan è qualcosa di immensamente brutale: impedire l'istruzione femminile e l'emancipazione, si parliamo ancora di emancipazione come negli anni '70, significa voler rendere invisibili le donne.
 



Nello splendido We Matter della studiosa e attivista Emilia Roig, uscito di recente in Italia per Il Margine, si fa un quadro attuale sulle oppressioni a cominciare dal fatto che non essere visti, non essere ascoltati è la prima e la più insopportabile delle oppressioni (e naturalmente non vale solo per le donne ma per tutta la bassa gerarchia dell'umanità, i cosiddetti 'diversi', i migranti, i poveri). Cosa accade in Iran, in Afghanistan e in molti altri paesi? Si mettono a tacere le donne, si tenta di silenziarle ed è cosi' che le si espone ad ogni forma di violenza. La loro ribellione, pur con i timidi tentativi della comunità internazionale di appoggiarle e fare qualcosa, è la ricetta, per quanto utopica, come sottolinea la Roig, della fine dell'oppressione ossia un cambiamento di coscienza: essere tutti visti, ascoltati, rispettati e non solo alcuni è quello che ribalterebbe tutto. Tra le 12 donne del Time di quest'anno, molte di loro sono state scelte esattamente per questo: sono voce, sono il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce come dice lo slogan del movimento globale femminista Non una di meno. Masih Alinejad, la giornalista che vive con il marito e il figlio negli Usa in un rifugio segreto dell’Fbi, vincitrice di numerosi premi, tra cui il Vertice di Ginevra 2015 per i diritti umani e la democrazia per i diritti delle donne, denuncia da tempo, a voce alta e con grande coraggio quello che accade alle donne in Iran e da mesi è a distanza la principale referente internazionale per la loro rivolta partita con la morte di Masha Hamini che non voleva mettere l'hijab. Alinejad è già sfuggita a più di un tentativo di rapimento e ed è accertato che c'è una cospirazione per assassinarla. Olena Shevchenko è la voce dei diritti delle donne e LGBTQI in Ucraina e la guerra ha reso il suo lavoro ancora più urgente. Véronica Cruz Sánchez in Messico è una attivista femminista che ha aiutato le donne a superare in sicurezza le restrizioni all'aborto e ora sta rivolgendo la sua attenzione a nord, sostenendo le donne americane colpite dal ribaltamento della sentenza Roe v. Wade la scorsa estate. E poi sempre tra le 12 donne del Time c'è Makiko Ono una manager che il 24 marzo diventerà CEO della Suntory Beverages, una delle aziende alimentari e di bevande leader a livello mondiale, con sede in Giappone. Una grande notizia perchè in Giappone meno dell’1% delle aziende quotate ha una donna come CEO. Le donne – scrive il Time – occupano solo l’8% dei posti nei consigli di amministrazione delle società pubbliche giapponesi, rispetto al 26% negli Stati Uniti e al 45% in Francia. Sebbene il Giappone vanti la terza economia più grande del mondo, si è classificato al 116esimo posto su 146 paesi nel rapporto sul divario di genere del World Economic Forum del 2022.
E' un divario di genere forte anche quello che riguarda l'istruzione e le professioni tecnologiche. Dai primi giorni dell'informatica all'era attuale della realtà virtuale e dell'intelligenza artificiale, le donne hanno dato un contributo incalcolabile al mondo digitale in cui viviamo sempre di più. I loro successi sono stati contro ogni previsione, in un campo che storicamente non le ha né accolte né apprezzate. Oggi, un persistente divario di genere nell'accesso digitale impedisce alle donne di sfruttare appieno il potenziale della tecnologia. La loro sottorappresentazione nell'istruzione e nelle carriere STEM rimane un ostacolo importante alla loro partecipazione alla progettazione tecnologica e alla governance. E la minaccia pervasiva della violenza di genere online, unita alla mancanza di ricorso legale, troppo spesso le costringe a uscire dagli spazi digitali che occupano.
La United Nation Women, la sezione Onu che si occupa di donne, a questa problematica molto più cruciale per il futuro di quello che possiamo pensare, dedica le giornate di approfondimento dell'8 marzo 2023. Con questa panoramica, dalla nostra invidiabile posizione di persone che vivono nella 'parte fortunata' del mondo dobbiamo sentirci ancora più soddisfatti.
Abbiamo per la prima volta nella storia d'Italia una donna presidente del consiglio, Giorgia Meloni. Per la prima volta presidente di Cassazione è stata nominata una donna, Margherita Cassano. Per la prima volta il partito della sinistra, il Pd, ha eletto una donna alla segreteria, Elly Schlein. Nel giro di pochi mesi sono stati conseguiti, e questi sono tre esempi, grandi risultati in merito ai soffitti di cristallo da abbattere. C'è da festeggiare (si siamo nel 2023 e in Italia queste sono notizie) per questo e l'8 marzo Giornata internazionale della donna è una data del calendario che non si dimentica, ma a tutti è chiaro che nonostante i risultati conseguiti, in Italia come nel resto del mondo occidentale le pari opportunità per il genere femminile sono di là da venire, fatta eccezione per Islanda, Finlandia e Norvegia come attestato dal Global Gender Gap Report 2022 . Nel mondo per la parità, secondo quest'ultimo fondamentale studio, bisogna attendere 132 anni, che diventano appena 60 per noi fortunatissimi europei.



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