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Von Trotta, 'per me Meloni non è una donna emancipata'

Von Trotta, 'per me Meloni non è una donna emancipata'

Regista racconta il femminile, 'sentivo questa responsabilità'

TRIESTE, 22 gennaio 2024, 13:38

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Alice Fumis) "Non sono italiana. Posso solo dire che sono un po' delusa per tutte queste donne che hanno cercato di emanciparsi, di essere libere ed eleggono Meloni che per me non è una donna emancipata". La regista tedesca Margarethe von Trotta è a Trieste per presentare il suo ultimo film Ingeborg Bachmann - Journey Into the Desert, con Vicky Krieps e Ronald Zehrfeld, dedicato alla poetessa e scrittrice austriaca, che sarà distribuito a breve in Italia da Movies Inspired. In un incontro con la stampa risponde alle domande sul suo ultimo lavoro e ripercorre la sua carriera, raccontandosi a 360 gradi, con un focus particolare sulle donne e sull'emancipazione femminile, anche in Italia.
    Inizia dagli anni '70 e dalla "responsabilità" che sentiva di avere, a inizio carriera come regista, nei confronti delle donne, che all'epoca "non avevano tante possibilità di parlare": "Il mio primo film l'ho fatto nel '77, non c'erano tante registe tedesche". Affronta quindi il tema della violenza di genere: "spesso le donne non si rendono conto che la violenza psicologica è più forte della violenza fisica".
    L'occasione per un excursus su vita e carriera è il Trieste film festival e in particolare la sezione Wild Rose, dedicata quest'anno alle cineaste della Germania. Von Trotta racconta che nei suoi lavori ha "scelto di parlare di donne tedesche" vicine al suo background e confessa che dopo il Leone d'oro a Venezia nel 1981 con Anni di Piombo "una produzione italiana mi ha chiesto di fare un film su Evita Peron, ma come potevo visto che appartiene a un mondo totalmente diverso dal mio?".
    Von Trotta parla degli inizi, cioè quando "non facevo film carissimi" e quando tra i cineasti tedeschi si era formato un "gruppo molto coeso e solidale", con "Wim Wenders che si era offerto di pagare il mio prossimo film in 35 millimetri" purché non li facesse in 16. La regista racconta quindi i suoi 7 anni a Roma, città di cui è "totalmente innamorata". "Poi - spiega - è venuto Berlusconi al potere: avevo un amico italiano che non voleva stare in Italia, avevo una casa a Parigi e siamo andati a vivere là, ma mi è dispiaciuto lasciare Roma". Non ha dubbi a elevare il cinema del dopoguerra italiano "il più bello e forte del mondo" e, soffermandosi su quello tedesco, osserva: "Negli anni 70 ha avuto l'attenzione del mondo, ma poi si è spostata verso altri Paesi. Abbiamo avuto la nostra chance".
    Si parla del passato, dunque, ma anche di progetti futuri: "Non ho ancora la storia - ammette - ma voglio fare un film con Barbara Sukowa e Vicky Krieps, una sarà la madre, l'altra la figlia. Sono le mie attrici preferite. Vediamo se mi viene qualcosa...".
    Un passaggio infine sul movimento MeToo. "Prima di essere regista sono stata attrice", all'inizio "avevo piccoli ruoli". E ha ricevuto avance: ma "non l'ho mai fatto per avere una parte".
    Il punto è, scandisce, "o sei brava o non sei brava: prendi la parte perché sei brava non perché accetti di andare a letto con qualcuno", "questo aspetto è dovuto cambiare, ma forse non totalmente".
   

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