"La Giunta regionale prosegua, in
seno alla Conferenza Stato-Regioni e nelle altri sedi
istituzionali, il confronto per la revisione dell'articolo 18
della legge 157/92 'Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio', affinché
trovino concreta e rapida soluzione tutte le problematiche
legate all'incontrollato proliferare della fauna selvatica".
Questa la richiesta contenuta nella mozione presentata da tre
consiglieri regionali della Lega Manuela Puletti, Valerio
Mancini e Stefano Pastorellied approvata a maggioranza oggi
dall'Assemblea legislativa dell'Umbria.
L'atto di indirizzo propone nello specifico una estensione del
periodo di caccia al cinghiale, spiegando che "in Umbria,
secondo i dati aggiornati alla stagione venatoria 2020-2021
forniti dagli Ambiti Territoriali di Caccia, il numero dei
cacciatori si attesta oltre le 10mila unità, con una tendenza
generale in diminuzione. A fronte di questo decremento delle
doppiette su territorio nazionale e regionale, sono invece
aumentate fortemente dal punto di vista numerico le principali
specie cacciabili della fauna selvatica. Cinghiali, caprioli,
daini hanno visto crescere la loro presenza numerica anche a
causa della sostituzione progressiva delle specie autoctone con
quelle alloctone. Appare evidente l'impossibilità dei cacciatori
umbri di poter fronteggiare una così grande quantità di capi da
abbattere, stante la loro progressiva diminuzione numerica, le
giornate di caccia a disposizione e la vastità del territorio
dove praticare l'attività venatoria, secondo le modalità
previste dalla normativa vigente in materia". Prima del voto,
l'assessore regionale all'Ambiente ha ricordato che circa 4 mesi
fa è stato attivato un confronto con il Governo per raggiungere
questi obiettivi. Sarebbe stata presentata una bozza di decreto
legge che recepiva la proposta delle Regioni per un allungamento
di due mesi della caccia al cinghiale. Il percorso legislativo
si sarebbe però arenato, nonostante l'urgenza di un intervento
sulla problematica, a causa di posizioni divergenti tra i
diversi ministeri coinvolti.
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