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Indagini frode appalti pubblici, a Prato 'hub' produzione illecita Dpi

Procura: 'Scaricato il costo della prevenzione sullo sfruttamento di lavoratori stranieri'

In 16 province italiane, tra cui Prato e Roma, la Polizia di Stato ha eseguito misure cautelare disposte dal gip di Prato nei confronti di 16 persone - con 10 arresti, 2 divieti a esercitare uffici direttivi e 4 obblighi-divieti di dimora) -, e ha notificato altri 11 avvisi di garanzia nei confronti di 27 indagati ritenuti responsabili a vario titolo di violazione del divieto di subappalto in contratti con la pubblica amministrazione, frode nelle forniture pubbliche di Dpi per il Covid, truffa aggravata ai danni dello Stato, sfruttamento del lavoro e impiego di manodopera clandestina, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, e reati connessi. Le indagini, condotte da squadra mobile e procura di Prato, avrebbero permesso di verificare come il distretto dell'abbigliamento che si sviluppa a sud di Prato sia "di fatto divenuto un 'hub' per la realizzazione illecita dei presidi sanitari commissionati dal Commissario emergenza Covid e dalla Regione Lazio". Il Consorzio Gap di Roma, che si erano aggiudicato gli appalti al centro delle indagini, "di fatto non aveva la struttura e le capacità per soddisfare le richieste della Pubblica Amministrazione committente" e si sarebbe dunque avvalso "indebitamente in subappalto di aziende" delle provincia pratese, condotte da cinesi, "che hanno operato in violazione delle normative in materia di lavoro, igiene e sicurezza", spiega la procura in una nota, sfruttando i lavoratori, per lo più stranieri, impiegati per 12 ore al giorno, anche nei festivi . Il guadagno realizzato grazie all'abbattimento illegale del costo del lavoro, secondo gli investigatori, è servito a massimizzare i profitti dei vertici del consorzio romano ed anche delle imprese 'consorziate', che hanno potuto lucrare su margini sempre maggiori rispetto a quanto corrisposto dalla Pa committente per la produzione 'legale' dei presidi sanitari". Dalle indagini è emerso che il Consorzio Gap avrebbe anche importato indebitamente dall'Albania tute protettive che doveva fornire, nonostante l'obbligo di assicurare Dpi 'made in Italy'. L'inchiesta ha portato anche a un sequestro di 43 mln di euro tra denaro e beni nei confronti di sei indagati riconducibili alla gestione di fatto o di diritto del consorzio Gap. La procura ha poi emesso 11 avvisi di garanzia disponendo perquisizioni per imprenditori italiani e stranieri di Reggio Emilia, Lecco, Pisa, Campobasso, Vicenza, Bologna, Arezzo, Torino, Brescia, Lecce, Pavia, Modena e Isernia: si tratta di 'terzisti' che per l'accusa avrebbero prodotto camici e tute violando il divieto di subappalto in commesse pubbliche e ai quali è contestata anche il reato di frode. Per la procura "è stato accertato un quadro allarmante in cui è stato scaricato il costo della prevenzione, nel pieno dell'emergenza pandemica sullo sfruttamento di lavoratori, spesso, stranieri, privi di qualsiasi tutela".

 

I principali contratti esaminati dagli inquirenti, si legge in una nota della procura, sono la fornitura di circa 2 mln di camici monouso in favore della Asl Roma 2 aggiudicata il 28 settembre 2020 nonchè una commessa prevista dal commissario straordinario con cui è stata affidata al Consorzio Gap il 12 novembre 2020 la fornitura di 5 mln e mezzo di tute protettive sterilizzate per un totale di 44,5 milioni di euro nonchè 5,5 mln di tute non sterilizzate per un totale di 39,05 milioni.

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