Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

La parola della settimana: 'Spirito/2' (di Massimo Sebastiani)

La parola della settimana: 'Spirito/2' (di Massimo Sebastiani)

ASCOLTA IL PODCAST

25 marzo 2022, 16:18

Redazione ANSA

ANSACheck

PAROLA DELLA SETTIMANA - SPIRITO\2 - RIPRODUZIONE RISERVATA

PAROLA DELLA SETTIMANA - SPIRITO\2 - RIPRODUZIONE RISERVATA
PAROLA DELLA SETTIMANA - SPIRITO\2 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Per Zucchero ‘Sugar’ Fornaciari, autore di Spirito nel buio, una canzone di qualche anno fa, lo spirito è una festa, una danza, una gioia che riesce ad emergere dal buio. Non è tutta farina del suo sacco, perché la canzone e il suo titolo sono chiaramente ispirati a Spirit in the Dark, il brano di Aretha Franklin in cui si parla di ricevere lo spirito nel buio e che questo può accadere proprio danzando.

Come avevamo detto concludendo la prima parte di questo viaggio nella parola spirito, il meno che si possa dire è che è inafferrabile. Lo stanno a dimostrare le tante espressioni in cui la parola è usata - e tra queste non abbiamo citato la scorsa volta quella che forse lo rappresenta meglio: spirito libero, per indicare qualcuno che va dove vuole, che non ha una strada segnata, che sembra guidato solo da se stesso o meglio da una forza e da una energia interiore che lo governano. Ma lo dimostra anche il fatto che sia difficile da trovare o almeno da collocare. In effetti, dove sta lo spirito? Che cos’è lo spirito di squadra, lo spirito di gruppo? E come si ottiene? Come si costruisce? Sembra proprio che lo spirito, come la natura di cui parla Eraclito, ami nascondersi.

Lo spirito oscilla tra due estremi che derivano proprio dall’origine del termine, che come abbiamo visto è soffio. E sarà Leopardi, nello Zibaldone, a incaricarsi di presentarceli tutti e due. “Come sapete che esiste non sapendo che cosa sia? – chiede l’illuminista, materialista e ateo Leopardi – Come potete affermare o negare nulla intorno alle qualità di ciò che neppure concepite e quasi non sapete se sia possibile?”. Ma c’è un altro spirito, spiega Leopardi – che ne scrive nel 1823 dopo aver letto Montesquieu, l’autore dello Spirito delle leggi – ed è “quello che noi chiamiamo spirito nei caratteri, nelle maniere, nei moti ed atti, nelle parole, nei motti, nei discorsi nelle azioni negli scritti e stili’: questo spirito, dice Leopardi, è quello che ci piace perché “è vita, desta sensazioni vive”. Tanto che lo spirito, dice lui, “si chiama anche vivacità”.

ASCOLTA IL POCAST

 

Insomma, altro che fantasma o visione: quelle a cui pensa Kant quando deve sottoporre ad una critica spietata le teorie spiritistiche (ecco un’altra derivazione della parola spirito) di Emanuel Swedenborg cui dedicherà il pamphlet “I sogni di un visionario” per demolirne le idee (visionario è in realtà la traduzione del tedesco Geisterseher, colui che vede spiriti). Lo spirito magari sta in una qualche profondità, è nascosto – come nei motti di spirito di cui ci ha parlato Freud e che sono legati all’inconscio, a qualcosa che vogliamo tenere nascosto alla coscienza - oppure sta in mezzo, tra qualche altra cosa e per questo è difficile anche da definire, da afferrare concettualmente: ci volle un Concilio, il secondo della Chiesa cristiana dopo quello di Nicea, durato due mesi a Costantinopoli, per mettere a punto la dottrina trinitaria e la natura dello Spirito Santo, né padre né figlio eppure altrettanto divino.

Anche in questa particolare e apparentemente precaria posizione – che si potrebbe davvero definire terza in tutti i sensi – lo spirito è tutt’altro che un fantasma o magari una cosa eterea: è vita, energia, consente la realizzazione di cose straordinarie e misteriose. A questo spirito si abbandona il musicista Keith Jarrett quando nel 1985 decide di registrare un album, Spirits appunto, in cui non si limita a suonare il piano, ma ritenendo di essere attraversato da un’ispirazione che non può trasmettere a nessuno, realizza il disco da solo suonando una quantità di strumenti, dalla chitarra alle tabla, dal flauto alle percussioni.

Il mistero (dello spirito) resta tale solo fino a quando qualcuno non lo spiega. E’ l’elefante nella nostra stanza, quello che finora non avevamo citato, l’uomo che ha fatto dello spirito il cuore di tutto il suo pensiero: Hegel. Ne ha parlato soprattutto in due libri considerati capolavori della produzione filosofica: la Fenomenologia dello spirito, il cui titolo originale era Scienza dell’esperienza della coscienza, e poi nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche. Hegel parla dello spirito come della cosa più concreta che si posa immaginare: la politica, le istituzioni, le relazioni. In una parola: le manifestazioni della storia stessa dell’umanità, comprese quelle individuali, personali, soggettive. Perché lo spirito è appunto un percorso, un’esperienza e anche l’approdo di questa esperienza, le manifestazioni concrete che lo rivelano, siano esse un nucleo, come la famiglia, o uno Stato, oppure un’opera d’arte o le leggi create dall’uomo. Anche quando sono dolorose, come in uno dei più celebri versetti di Matteo in cui si parla dei ‘poveri in spirito’, cioè poveri nel profondo, o come sembrano essere quelle appena sussurrate, accennate, evocate di una canzone dei Talk Talk in cui la parola chiave è ‘spirit’ anche se il titolo è I believe in you.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

Guarda anche

O utilizza