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La parola della settimana 'Spirito' (di Massimo Sebastiani)

La parola della settimana 'Spirito' (di Massimo Sebastiani)

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18 marzo 2022, 14:00

Redazione ANSA

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La parola della settimana 'Spirito ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La parola della settimana  'Spirito ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La parola della settimana 'Spirito ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

All’inizio di questa avventura tra le parole abbiamo usato l’espressione ‘viaggio’ per definire il modo in cui volevamo raccontare i termini di uso quotidiano, quelli al cui significato a volte non facciamo neanche più caso. E’ un viaggio, si potrebbe dire, in orizzontale e in verticale, un viaggio nella storia certamente ma anche nella geografia e nelle variazioni d’uso delle parola. E, come capita a chi è abituato a viaggiare, può succedere di incrociare qualcuno che avevamo già visto, di ripassare in luoghi già frequentati o anche solo sfiorati. La parola spirito per esempio, che dal giorno dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina è stata evocata più volte e in diverse circostanze, da un fronte e dall’altro, aveva già fatto capolino, anche solo per assonanza o riferimento etimologico, in due o tre occasioni.

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L’avevamo dovuta richiamare, nel pieno del lockdown della prima ondata del virus, parlando di respiro. Perché la radice della parola spirito è proprio la stessa di respiro: entrambe ci fanno risalire all’ebraico nefesh e al greco psykè, che significa soffio, alito. Nella Bibbia i termini per indicare lo spirito sono in realtà tre ma nefesh è quello più legato all’elemento che dà la vita, che fa vivere, che anima le cose e l’uomo. Poi l’abbiamo solo rapidamente citata girovagando intorno al termine ‘concreto’ e riflettendo su come siamo stati abituati da millenni a ragionare per opposti: concreto e astratto, anima e corpo, spirito e materia. E’ tornata ancora una volta trattando della parola ispirazione, che altro non è, nel suo uso più comune, che il soffio della creatività.

Non è un caso dunque che i Police, il gruppo britannico guidato da Sting, che ebbe il maggiore successo tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80, cantasse di spirits in the material world, con un chiaro riferimento, come spiegò lo stesso Sting, a quell’opposizione tra mondo del tangibile e dell’intangibile, dello spirituale, che è quello in cui gli umani fatti di materia possono in realtà trovare la soluzione a molti dei loro problemi e dei loro conflitti. E in questo modo di pensare Sting è il degno erede di una tradizione millenaria.

Questa convinzione infatti poggia su un’idea e un significato dello spirito che si sono affermati ad un certo punto del cammino di questa parola. Spiritus, che come abbiamo visto è in parte la traduzione del greco psykè e dell’ebraico nefesh, è una di quelle parole latine che ha letteralmente dato forma alla nostra cultura, alla civiltà occidentale come la conosciamo ancora oggi e alla quale si è richiamato anche il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, quando ha parlato del suo paese come di una ‘superpotenza dello spirito’. Con questa espressione Zelensky era in perfetta sintonia con i Police. Perché è chiaro che il coraggioso presidente della democrazia che prova a resistere ad una invasione usa il termine per distinguersi da quella superpotenza, la Russia, che sul piano del rapporto di forze materiale potrebbe senza dubbio schiacciare la sua giovane repubblica ma che, se si fa riferimento a risorse che non si possono facilmente pesare e misurare con grandezze materiali, allora può, come si dice in gergo sportivo, davvero giocarsela e magari vincere. Di che natura sono queste risorse se non possono definirsi materiali?

Nicola Gardini, che insegna letteratura italiana a Oxford, già autore di ‘Viva il latino’, ha scritto qualche anno fa un libro appassionante anche per chi non ha mai amato gli studi classici a scuola: ‘Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo’. Una di questa è proprio ‘spiritus’ e il suo racconto la prende un po’ alla lontana perché inizia parlando dello spirito, quel liquido rosa tenue, scrive Gardini, “ulteriormente attenuato dalla plastica del flacone” che “sprizzava da un foro del tappo rosso, mandando un profumo ambiguo e festoso, come quello della vernice che si sta seccando o del lucido da scarpe”. In realtà, per il latinista e scrittore, questo è un espediente narrativo per iniziare a ricordare in quanti modi la parola può essere usata e in quanti contesti possiamo trovarla (dagli alcolici alla santissima Trinità, dalle farmacie alla teologia). Testimoniati anche dai tanti modi di dire in cui la parola entra: da persona di spirito a spirito di patata, da presenza di spirito a spiritoso o povero di spirito fino ai bollenti spiriti. E in altre lingue, restando pur sempre in Europa, si arriva fino ad una bevanda gassata, la Sprite, appunto.

E’ il primo indizio, se non proprio la prova, che la parola ha letteralmente innervato la nostra cultura e il nostro costume, ma che resta, nonostante tutto e in linea con il suo significato originale e la sua radice etimologica, sufficientemente inafferrabile. Altrimenti che spirito sarebbe? Bisognerà continuare a parlarne.

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