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La parola della settimana: 'Libertà/2' (di Massimo Sebastiani)

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Redazione ANSA

Continuiamo a parlare della parola libertà riprendendo più o meno da dove avevamo lasciato: quel senso di libertà totale, intesa come assenza di qualunque limite, costrizione, obbligo, vincolo cantata da John Lennon e dai Beatles sembra la versione ‘dolce’ e più filosofica del ‘I want to break free’ dei Queen con cui avevamo chiuso la puntata precedente dedicata a questa parola. Il testo dei Fab Four o, per meglio dire, il primo verso che sappiamo con certezza essere opera di Lennon, perché la canzone ha una storia particolare, ci fa balenare una dimensione diversa: ‘Libero come un uccello / è quello che voglio essere la prossima volta’. La prossima volta? Cioè quando esattamente? Per essere liberi, totalmente liberi, bisogna sperare in un’altra vita? O semplicemente e più laicamente in una seconda opportunità?

Come già in ‘Think’ di Aretha Franklin, sembra che cantare la libertà, riflettere sul suo significato, si porti necessariamente dietro il riferimento, inevitabile, ai legami: ‘Ma davvero possiamo vivere l’uno senza l’altro? Dove abbiamo perduto quel contatto / Che per noi ha sempre significato così tanto? / Mi faceva sentire sempre libero" cantano subito dopo i Beatles, e qui è corretto dirlo visto che questi sarebbero i versi aggiunti da Mc Cartney e Harrison alla prima strofa scritta da John. Dunque un legame che fa sentire liberi. Ed è vero, qui stanno parlando della loro storia, del fatto che non stanno più insieme, che si sono sciolti ma che per una canzone, miracolosamente, sono tornati insieme e sembrano rimpiangere i tempi di un legame che li faceva sentire liberi. Che parlino della loro storia personale è marginale, come in tutte le grandi intuizione artistiche.

Ascolta "La parola della settimana: Libertà / 2 (di Massimo Sebastiani)" su Spreaker.


Perché in realtà qui si parla di qualcosa che somiglia a quella libertà (di scegliere, di pensare, di prendere o lasciare) che è anche lo spirito più autentico dell’educazione, quella che vuole formare e non costringere, abituandoci a muovere attraverso le regole e opportuni divieti. C’è, tra i pedagogisti, chi ci ha scritto un libro dal titolo inequivocabile: ‘I no che aiutano a crescere’, in cui si spiega che per diventare forti, cioè in prospettiva liberi, bisogna essere in grado di riconoscere che non tutto si può fare.

D’altro canto per molti neurobiologi e scienziati di varie discipline, è un dato di fatto acquisito che nemmeno il libero arbitrio, ovvero l’idea base senza la quale rivendicare un concetto assoluto di libertà è impossibile, esista nella realtà. ‘Tutti i nostri stati mentali sono causati da processi neurobiologici che si producono nel cervello e che si attuano a un livello superiore o sistemico’ scrive John Searle, filosofo americano, in ‘Libertà e neurobiologia’. D’altra parte, spiega più avanti, ‘abbiamo bisogno di agire presupponendo la libertà’.

Insomma tu chiamala se vuoi illusione ma da un punto di vista pratico, dice Searle, non puoi agire presupponendola come tale, cioè come illusione. Spinoza, il più solitario e più abnorme tra i pensatori, come ebbe a definirlo Nietzsche, di cervello e neurobiologia non ne sapeva per forza di cose nulla ma aveva già detto tutto proprio all’inizio del suo capolavoro, intitolato ’Etica’: ‘Diciamo libera quella cosa che esiste per sola necessità della sua natura e si determina ad agire da sé sola’. E’ abbastanza evidente che l’uomo non è una di queste cose.

Eppure si comporta, forse deve comportarsi, come se lo fosse, secondo quanto sostiene Searle. Ed è per questo che l’etica e la morale contemporanea hanno potuto superare la cosiddetta ‘lezione di Ivan Karamazov’, quella secondo cui ‘se Dio non esiste tutto è permesso’. In realtà anche se Dio non esiste la libertà, per essere davvero tale, va iscritta dentro regole, percorsi, confini condivisi. Se ci pensiamo, è quello che succede nel gioco, per certi aspetti massima espressione della libertà, che, come ha scritto Roger Caillois, citato di recente da Claudio Magris, “consiste nella creazione di un mondo fittizio retto da regole che sospendono temporaneamente quelle che governano il mondo reale”. Anche quando resta un anelito insopprimibile. Come in una canzone dei Pink Floyd.

Pink Floyd - Another Brick In The Wall - Da Youtube

 

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