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Raisi non va da Amanpour, giornalista pubbica sedia vuota

Sono 31 le vittime dall'inizio delle proteste, l'Iran blocca i social

Dopo il rifiuto del presidente iraniano, Ebrahim Raisi, a fare un'intervista con Christiane Amanpour perché non indossava il velo, la popolare giornalista della Cnn ha pubblicato sul suo account Twitter la foto della sedia vuota nel luogo in cui si sarebbe dovuto tenere il colloquio, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu a New York. "E così ce ne siamo andati. L'intervista non c'è stata. Con le proteste che continuano in Iran e le persone che vengono uccise, sarebbe stato un momento importante per parlare con il presidente Raisi", ha scritto l'anchor di origine iraniana.

 

Christiane Amanpour pubblica foto con la sedia per Raisi vuota

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha rifiutato all'ultimo minuto un'intervista con la Cnn perché la famosa giornalista Christiane Amanpour si è rifiutata di indossare il velo. Lo ha raccontato la stessa giornalista e inviata di guerra di origine iraniana che avrebbe dovuto intervistare il leader iraniano. "Credo - ha spiegato la reporter - che non voglia essere visto con una donna senza velo nel momento in cui nel suo Paese infuriano le proteste" per la morte di Mahsa Amini, la 22enne deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale a Teheran perché non indossava correttamente il velo. 

 

31 MORTI DALL'INIZIO DELLE PROTESTE, L'IRAN BLOCCA I SOCIAL

Gesti simbolici che da giorni si ripetono in Iran, dove una marea umana sta sfidando il regime inneggiando al coraggio e al sacrificio di Amini. Le manifestazioni, in oltre una trentina di città, puntano a rompere il tabù e a porre il potere di fronte a una sfida senza precedenti. Ma il costo in termini di vite umane è altissimo: secondo l'ong Iran Human Rights (Ihr) con sede a Oslo, sono almeno 31 i civili uccisi dalla repressione, mentre la televisione di Stato ha diffuso un altro bilancio parlando di 17 morti fra manifestanti e poliziotti. Centinaia i feriti e gli arresti di massa. Sono le due facce dell'Iran, Paese stremato da una pesante crisi economico-sociale, dove le donne vogliono ritagliarsi finalmente un loro spazio politico, manifestando la loro rabbia con forti azioni simboliche, come quelle di dare fuoco ai veli e alle immagini dei leader religiosi o quella di tagliarsi i capelli. Proteste che hanno ricevuto il plauso delle cancellerie occidentali a cominciare dagli Stati Uniti, che hanno deciso di imporre sanzioni alla polizia morale iraniana. Dura anche la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, che ha denunciato "il brutale attacco contro le donne coraggiose" che da diversi giorni manifestano, vedendo nella repressione dei cortei "un attentato contro l'umanità". Raduni che per Teheran sono incitati da un nemico straniero con l'aiuto di agenzie di intelligence e ambasciate. Intanto, mentre il regime iraniano ha bloccato l'accesso a Instagram e WhatsApp, il padre di Amini ha accusato le autorità di mentire sulla morte della donna, rivelando che quando vide il corpo della figlia prima del funerale era completamente avvolto da un telo, tranne il viso e i piedi su cui c'erano i lividi: "Non ho idea di cosa le abbiano fatto".  

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