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Rapita in Mali una famiglia di italiani

Una coppia col figlio, Testimoni di Geova originari di Potenza

Una famiglia di italiani, una coppia di Testimoni di Geova originari di Potenza e il loro figlio, è stata rapita in Mali, il pericolosissimo Paese del Sahel dove imperversano gruppi jihadisti e dove la Farnesina sta cercando di acquisire informazioni vagliando le poche disponibili. I tre rapiti, a quanto si è appreso nel capoluogo lucano, sono Rocco Langone, la moglie Donatella e il figlio Giovanni. Insieme a loro è stato sequestrato anche un cittadino del Togo. Il sequestro è stato compiuto nella tarda serata di giovedì da "uomini armati", ha riferito una fonte della sicurezza maliana senza fornire dettagli su chi potrebbero essere i rapitori che hanno agito in località Sincina, nel sud-est del Paese. La fonte ha rivelato che sono in corso "contatti diplomatici", facendo intuire l'esistenza di trattative. La località del rapimento si trova "a una decina di chilometri da Koutiala", ha precisato un politico locale riferendosi a una cittadina situata a circa 100 km dal confine con il Burkina Faso e a 300 dalla capitale maliana, Bamako. I sequestratori erano "a bordo di un veicolo", ha riferito il politico parlando di "italiani" appartenenti ai Testimoni di Geova così come il togolese.

La coppia non era in Mali per conto del movimento religioso cristiano e millenarista, ha precisato l'Associazione dei Testimoni di Geova del Senegal, responsabile per l'area: "Da quasi un anno - ha ricordato un suo portavoce - non abbiamo alcun missionario" né "alcun religioso" sul posto sebbene, come è ovvio, ci sono "Testimoni di Geova in Mali come in molte altre parti del mondo" che professano la propria fede. "L'Unità di Crisi del Ministero degli Esteri sta compiendo le dovute verifiche e accertamenti", ha comunicato la Farnesina aggiungendo che "il Ministro Di Maio sta seguendo in prima persona l'evolversi della vicenda". Il Mali però è una sorta di buco nero del terrorismo islamico che sta entrando nell'orbita della Russia. Dal 2012 il desertico Paese è teatro di attacchi compiuti da gruppi jihadisti legati ad Al-Qaeda e all'Isis, oltre che da milizie e banditi, causando migliaia di morti tra civili e militari e centinaia di migliaia di sfollati nonostante il dispiegamento di forze Onu, francesi e africane.

Un giornalista freelance francese di 47 anni, Olivier Dubois, era è stato rapito nell'aprile dell'anno scorso a Gao, nel nord, dal qaedista Gruppo di supporto per l'Islam e i musulmani (Gsim o Jnim), la principale alleanza jihadista del Sahel. Il Mali, teatro di due colpi di stato guidati dallo stesso gruppo di colonnelli nell'agosto 2020 e nel maggio del 2021, è governato da una giunta militare che si è allontanata dalla Francia e dai suoi partner preferendo la Russia e i mercenari "Wagner" per frenare l'avanzata jihadista che ha raggiunto il centro del Paese e i confinanti Burkina Faso e Niger. Sottoposta a sanzioni della Comunità degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas), la giunta guidata del colonnello Assimi Goïta ha accantonato un suo impegno iniziale di restituire il potere ai civili dopo le elezioni che si sarebbero dovute tenere nel febbraio scorso. L'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue, Josep Borrell, ha annunciato nelle ultime ore che sarà "presentato un piano per ridimensionare la nostra missione in Mali" dato che "non vedo più una prospettiva" per l'addestramento delle truppe locali.

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