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Sepulveda, scrivere e non arrendersi

Guanda

Sepulveda, scrivere e non arrendersi

Storie che facciano capire la realtà per vincere la disillusione

ROMA, 11 ottobre 2021, 09:38

di Paolo Petroni

ANSACheck

Luis Sepulveda Tutti i romanzi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Luis Sepulveda Tutti i romanzi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Luis Sepulveda Tutti i romanzi - RIPRODUZIONE RISERVATA

 LUIS SEPULVEDA ''TUTTI I ROMANZI'' (GUANDA, pp. 680 - 24,00 euro - Traduzioni di Ilde Carmignani) - L'impegno e al disillusione ma non l'arrendersi e comunque l'ipotetica possibilità che qualcosa cambi sono il tema di fondo dei romanzi della maturità di Luis Sepulveda, come si avverte potendo ora leggerli uno di seguito all'altro in questo volume che li raccoglie tutti con una introduzione di Ranieri Polese, da ''Un nome da torero'' a ''La fine della storia''.
    Titolo emblematico quest'ultimo e quasi didascalico proprio del sentire che un certo periodo storico, ma anche esistenziale per l'autore e i suoi personaggi, stia finalmente finendo, così che magari ci possa essere un cambiamento anche se i segnali non sono incoraggianti. ''Ho avuto il privilegio di conoscere la fine di un'epoca e la sua razionalizzazione è stata molto lunga - disse una volta - ma quando poi ci si arriva, ecco che pare più chiaro il presente, le sue radici e si può cominciare a progettare il futuro''.
    Sepulveda (1949 - 2020) era uno che la sua vita la aveva vissuta intensamente, con passione, mettendoci il cuore e poi guardandola con la ragione, impegnato a cercar, se non di cambiare, di sostenere e combattere perché il peggio non riuscisse sempre a vincere e farla franca. E così i suoi romanzi e i suoi racconti finiscono per essere tutti racconti d'amore, non semplicemente dell'amore tra due esseri viventi, ma dell'amore per l'uomo, per il dolore e la difficoltà, ma anche la necessità, della sua esistenza, la sua fedeltà a un'idea e un sentimento cui restare fedeli per anni anche se si rivelano impossibili, sull'onda di una nostalgia struggente nell'inevitabile corsa di ognuno verso la fine della storia.
    L'amore, insomma, è quello di Sepulveda per il suo paese, il Cile, per la dignità e la libertà di ognuno, in ultima analisi per la letteratura, veicolo, testimonianza, grido per affermare tutto questo.
    Non a caso la sua letteratura è di origine affabulatoria, legata all'antica tradizione del raccontarsi storie davanti al fuoco, appresa vivendo un periodo nella foresta con gli indios shuar. Il suo più grande e primo successo internazionale ''Il vecchio che leggeva romanzi d'amore'', ricorda in una dedica a Miguel Tzenke che proprio questo sindaco di un paese dell'Amazzonia ''in una notte di racconti traboccanti di magia mi rivelò alcuni particolari del suo sconosciuto mondo verde, gli stessi che in seguito, entro confini lontani dall'eden equatoriale, mi sarebbero serviti per costruire questa storia'' che, prima di arrivare sulla carta, per dieci anni, aveva raccontato a se stesso e a alcuni amici, fra cui Chico Mendes, divenuto simbolo della difesa dell'Amazzonia dallo sfruttamento e le speculazioni distruttive, e per questo poi assassinato su mandato di ''criminali che hanno abiti ben tagliati e unghie curate e dicono di agire in nome del progresso''.
    Impegnato quindi nella lotta per salvare quel che resta della natura di cui il mondo ha bisogno, tra i fondatori non a caso di Greenpeace, Sepulveda è stato anche a vent'anni in Bolivia accanto ai guerriglieri sopravvissuti alla morte del Che Guevara, poi ha collaborato col governo di Unità Popolare di Salvator Allende e dopo la sua drammatica fine imprigionato, torturato e alla fine, nel 1976 espulso dal suo paese (riavrà la cittadinanza cilena solo nel 2017). Così spiegava ''dopo dittature come quella di Pinochet o di Videla, che lasciarono solo testimonianze ufficiali, censurate, dei loro anni, noi scrittori ci ritrovammo con la responsabilità di raccontare quel mondo, quel che era accaduto, anche nelle opere più di finzione romanzesca, sentendo il dovere di salvaguardare la memoria della nostra società, della nostra gente'', sentendosi in questo ''molto diversi'' dagli scrittori della generazione precedente, i grandi nomi del Boom della letteratura sudamericana, da Marquez a Donoso, da Cortazar a Vargas LLosa (''Il più grande scrittore dell'America latina, ma politicamente un disastro'' diceva, come riferisce Polese) che usavano la realtà come un aneddoto in libri d'invenzione''.
    Le sue invenzioni invece servono a dare valore emblematico e coinvolgente al racconto della realtà che è alla base delle sue storie, e ''se alcuni personaggi ricordano l'autore e le sue esperienze è perché Sepulveda ha scoperto che la sua storia è la storia di una generazione - come sottolinea Ranieri Polese - Più volte dice che non è per un artificio narrativo, se lui stesso ha vissuto gli anni delle speranze e poi la lunga stagione della sconfitta. Che conosce bene le disillusioni e i tradimenti perché sa che per quelli come lui, che si sono trovati a vivere nella seconda parte del Novecento, l'ombra del passato che non passa non è il frutto di una nevrosi, è in realtà il prodotto della storia''.
   

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