(di Luciano Fioramonti)
Quando morì, il 5 dicembre 2012,
Oscar Niemeyer aveva 25 progetti in corso. Niente male per un
uomo di energia e di idee che dieci giorni dopo avrebbe compiuto
105 anni. Basterebbe questo dettaglio per spiegare quanto sia
stata piena la vita personale e professionale di uno dei grandi
maestri dell'architettura mondiale. Brasiliano, comunista
convinto, costretto all'esilio in Europa negli anni della
dittatura militare nel suo paese, in rapporti stretti con Le
Corbusier che considerava il suo maestro, Niemeyer era convinto
che l'architettura non cambia le cose ma contribuisce al
cambiamento. In patria ha firmato opere entrate nei libri di
storia della progettazione e nel patrimonio dell'umanità,
dall'invenzione di Brasilia con il suo maestro Lùcio Costa agli
edifici istituzionali, cattedrali e chiese, musei, biblioteche,
sedi di partito, residenze pubbliche e private.
Coinvolto con altri colleghi alla realizzazione del Palazzo
di Vetro sede dell'Onu a New York, ha firmato all'estero
capolavori che hanno fatto scuola. In Italia, tra i suoi
interventi più noti, ha realizzato la sede della Mondadori
editore a Segrate e l'auditorium di Ravello. Walter Gropius un
giorno gli fece notare di essersi costruito una casa bella ma
impossibile da industrializzare, ma l'osservazione del fondatore
del Bauhaus, più che una critica, aveva còlto il principio-guida
di Nemeyier: la non riproducibilità della sua opera, al bando la
ripetitività, ogni lavoro non doveva somigliare a un altro.
A tratteggiare il geniale "scultore di monumenti", nato a Rio
de Janeiro nel 1907, è ora la monografia digitale in sei lingue
"L'impronta di Oscar Niemeyer in Brasile", alla quale Stefano
Marchi ha lavorato intervistando tre grandi colleghi che lo
hanno conosciuto, Massimiliano Fuksas, Jacques Gourvénec e
Eduardo Souto de Moura. La pubblicazione, con un ricco apparato
di foto, è edita da TÀ POLITIKÁ in occasione del 10°
anniversario della morte di Nemeyer, ed è disponibile dal 3
dicembre sul sito www.tapolitika.com, dove potrà essere letta,
scaricata e stampata gratis.
I racconti raccolti dal giornalista italiano restituiscono
il profilo di un uomo ancorato alle sue abitudini. Lavorava per
lo più di mattina, riservando il pomeriggio all'incontro con gli
amici, alle chiacchiere al bar, a cantare, fumare il sigaro.
Pensava un progetto, lo scriveva sulla carta e poi lasciava che
i collaboratori si occupassero della messa a punto. Era questo
suo modo ad affascinare Fuksas. ''Il mio sogno - dice
l'architetto italiano - sarebbe quello di fare come lui: passare
alcuni disegni a qualcuno capace e appassionato per realizzarli,
per costruire". I suoi edifici avevano la capacità di "entrare
in simbiosi con il paesaggio. Niemeyer riusciva a trasformare la
materia stessa in paesaggio".
Jacques Gourvénec, architetto francese che lavorò a lungo con
lui nel suo studio a Rio de Janeiro, di Niemeyer mette in luce
la grande libertà nell' uso del cemento armato e delle curve.
Abile a trasformare i committenti in mecenati, era un architetto
costoso ma l'aspetto economico non lo interessava, contava solo
il risultato; allo stesso tempo era attento a non chiedere
compensi nel caso di lavori nelle favelas. "Faceva la cose per
unire le persone - osserva -Gourvénec - . Si può dire che la sua
era una architettura di benevolenza. Teneva conto anche del più
piccolo dettaglio affinché le persone stessero bene nei suoi
edifici".
Il portoghese Eduardo Souto de Moura, vincitore nel 2012 del
premio Pritzker, equivalente al Nobel dell'Architettura,
riconosce a Niemeyer il merito di aver portato in America Latina
il Movimento Moderno come era stato pensato, ma non realizzato,
nell'Europa tra le due guerre. "Io penso che sia un genio e non
può essere copiato. C'è gente che non ha capito il suo messaggio
politico, sociale e artistico, e copiando fa dei pasticci".
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