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Precari e sottoretribuiti, la cultura "non paga"

Precari e sottoretribuiti, la cultura "non paga"

Retribuzioni tra i 4-8 euro. Al ministero altri 113 funzionari

ROMA, 19 gennaio 2023, 19:22

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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(di Francesca Chiri) Dopo un primo rinforzo nei mesi scorsi, arrivano un centinaio di nuove assunzioni di funzionari al ministero, ma il settore della cultura, a maggior ragione dopo la pandemia, si distingue ancora come uno dei comparti in cui il precariato e la sottoretribuzione la fanno ancora da padrone.
    Un'indagine nel comparto della cultura condotta dall'associazione 'Mi Riconosci', che ha intervistato un campione di 2526 persone, ha infatti messo in evidenza che le paghe nel settore sono ben al di sotto di quello che potrebbe essere il salario minimo.
    Che si tratti lavoratore dipendenti o autonomi, la gran parte degli addetti nel settore della cultura guadagna spesso meno di 8 euro l'ora. Tra i lavoratori dipendenti la quota è addirittura del 70% (68,93%) mentre tra i free lance, e in genere tra gli autonomi, la percentuale di quanti guadagnano questa cifra scende al 40,2%. Una buona notizia a metà, perché in questa categoria di lavoratori figura anche chi guadagna meno di 4 euro l'ora (il 5,7% del campione) e chi (il 13,7%) si vede riconosciuta una paga oraria netta tra il 4 e i 6 euro.
    La condizione del lavoro nel settore è in "una situazione inaccettabile, prodotta nell'ultimo decennio. Molto altro dovrà essere fatto. L'impegno sarà massimo" dice il ministro Gennaro Sangiuliano salutando i 113 "rinforzi" che arrivano al dicastero, dopo il concorso per 518 funzionari a tempo indeterminato: "Queste assunzioni sono un'ulteriore risposta alla carenza di organici e alla precarietà del lavoro nel settore".
    Un settore e una condizione soprattutto femminile.
    Dall'indagine, che tra l'altro ha il merito di prevedere anche l'indicazione di non binarietà, mostra che la maggior parte dei partecipanti è donna. "Sarebbe necessario fare un'analisi, alla luce dei dati, sul rapporto tra la precarizzazione e la femminilizzazione del lavoro" commentano gli autori della ricerca. Quindi donne, per lo più giovani (il 63,57% degli intervistati ha tra i 26 e i 39 anni), con un livello di istruzione alto: tranne un 10% circa di lavoratori che sono solo diplomati, tutti gli altri hanno almeno una laurea, se non un master o un dottorato.
    Nel campione i disoccupati sono il 15,50% del totale: per il 64,6% tale condizione è legata a situazioni lavorative difficili, ambienti ostili, salari bassi, mancanza di tutele, di prospettive e di stabilità. Tra gli occupati il 68,70% è dipendente, il restante è autonomo e lavora con partita IVA o prestazione occasionale pagata con ritenuta d'acconto. Il 21,88% lavora nella pubblica amministrazione e il 75,47% presso privati. E' alta in ogni caso la quota di quanti hanno più di una occupazione: un terzo del campione tra i dipendenti e il 60,43% degli autonomi ha più di due collaborazioni. Il contratto di settore, d'altra parte, è applicato solo nel 6% dei casi.
    Oltre alla ridotta paga oraria netta, è molto basso anche il reddito annuale: il 50,37% guadagna meno di 10.000 euro all'anno (55,88% tra gli autonomi) e il 72,28% guadagna meno di 15.000 euro all'anno. Di tutto il campione solo il 13,10% ritiene che la sua retribuzione gli sia sufficiente "per vivere autonomamente".
    Infine, last but not least, su un totale di 2487 risposte, il 39,97% afferma di aver subito mobbing o di essere stata vittima di atteggiamenti intimidatori o punitivi.
   

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