(di Mauretta Capuano)
"Avrei voluto conoscere 'I
travestiti' da giovane, perché mi avrebbe reso più consapevole
del fatto che esistevano persone come me nel mondo e nella
storia". A cinquant'anni dalla prima edizione de 'I Travestiti'
di Lisetta Carmi, che torna in libreria da oggi per Contrasto
con foto inedite a colori, lo dice Juliet Jacques che firma il
contributo 'Le nostre vite interiori' alla nuova edizione del
volume. Transgender, 41 anni, Juliet Jacques, che vive a Londra,
scrive, fa la cineasta e insegna al Royal College of Arts, al
suo arrivo alla Fiera Più libri più liberi alla Nuvola a Roma,
parla con entusiasmo e commozione di questa edizione a colori, a
cura di Giovanni Battista Martini, con testi di Vittorio
Lingiardi, Paola Rosina e della stessa Carmi.
"Io queste foto le ho viste per lo più in bianco e nero, a
colori mi sembrano più giocose. Adesso
i librai che nel 1972 avevano difficoltà a esporre il libro,
questo volume lo vogliono vendere. C'è un nuovo pubblico che a
quel tempo non esisteva o al quale non era consentito esistere"
dice all'ANSA Juliet Jacques. "Oggi le persone transgender hanno
più visibilità in tutto il mondo e quindi sarà più interessante
vedere se queste foto troveranno un loro pubblico interessato a
capire in che maniera vivevano le persone transgender
cinquanta-sessant'anni fa. Io ho una buona sensazione" aggiunge.
"Amo Lisetta non solo per il lavoro sui travestiti ma per tutto
quello che ha fatto. Penso alle foto che ha scattato ad Erza
Pound quando era caduto in disgrazia per la questione del
fascismo. In tutta la sua opera appare una grande umanità e
gentilezza di spirito. Era una persona che non giudicava nessuno
e consentiva a tutti i suoi soggetti di esprimersi. Una persona
devota al vero e straordinariamente aperta" racconta la Jacques
che non sapeva nulla della grande fotografa morta a 98 anni a
luglio 2022 prima di lavorare a questo progetto.
"Con Lisetta Carmi ci siamo sentite una sola volta al telefono,
nel 2019, quando lei aveva già 95 anni ed era già parecchio
sorda, la linea telefonica faceva schifo, io non parlavo
italiano. Ci siamo date un saluto e basta, insomma. Nel 2019
avevo scritto un testo sul suo lavoro commissionato dalla
rivista Frieze. Ho letto tutto sulla storia della sua vita. Era
una donna ebrea nata in Italia, costretta a lasciare il suo
Paese per le leggi razziali. Una volta tornata in Italia si
iscritta al partito comunista e ha realizzato cose molte belle"
spiega. "A metà anni Sessante lavorava a un progetto
fotografico sui portuali di Genova. Con loro aveva stabilito un
ottimo rapporto. Uno era transessuale, viveva in incognito e ha
deciso di affidare a lei il suo segreto. La ha invitata a una
festa di persone trans dove Lisetta ha scattato delle foto e
con alcune di queste persone è rimasta in contatto per anni".
Quello che mancava in quegli anni e che è mancato anche a Juliet
Jacques era proprio un linguaggio. "Quando ero giovane ero molto
isolato e solitario, non avevo un linguaggio per capire me
stesso e neppure la sensazione di appartenere a una comunità.
Ero nell'isolamento e anzi della mia identità transgender facevo
un segreto sperando che nessuno se ne accorgesse. Molto dopo i
20 anni ho conosciuto persone dichiaratamente transgender e solo
allora mi sono sentita parte di una comunità. Vorrei avere
cominciato prima" racconta. E chi sono i travestiti? si chiedeva
la Carmi nel testo che riportato del libro. "I travestiti
svolgono un servizio sociale? Sono l'espressione enfatizzata ed
esasperata di un modo ormai superato (o in via di superamento)
di considerare la donna come un bene di consumo? Sono
l'avanguardia paradossale e contradditoria di un modo nuovo di
concepire (o di abolire) i ruoli assegnati all'uomo e alla
donna? O sono tutte queste cose insieme?" sottolineava.
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