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Il suo anatema contro i mafiosi
che gli avevano ucciso il marito, lanciato durante i funerali
dal pulpito del Pantheon di San Domenico, diventò il grido
dolore di quella tragedia collettiva vissuta dal Paese con la
Strage di Capaci. "Io vi perdono, però dovete mettervi in
ginocchio...".
Oggi, a distanza di trent'anni, Rosaria Costa, vedova
dell'agente Vito Schifani, icona dolente di quei giorni tragici
e terribili, torna fare sentire la sua voce in tono più sommesso
ma non meno sferzante, rivolgendosi questa volta "agli uomini
dello Stato che hanno tradito". "Collaborate, fateci conoscere
la verità" è il suo nuovo appello lanciato attraverso
un'intervista al Giornale radio Rai . E spiega che quell'invito
accorato è rivolto "anche alle forze dell'ordine che indossano
la divisa". "Direi loro di comportarsi degnamente, di non
sporcarla come hanno fatto in passato quelli che hanno tradito.
Il mio appello è: cercate di avere una coscienza perché poi
andrete a vedervela con Dio".
Rosaria Costa, che aveva solo 22 anni quando si ritrovò
vedova e con un bimbo di appena quattro mesi da crescere, oggi
si è rifatta una vita e vive in Liguria. A differenza del figlio
Emanuele, diventato ufficiale della Guardia di Finanza, che è a
Palermo per partecipare alle commemorazioni per il trentennale
della strage, lei ha scelto di restare a casa e di non
presenziare alle cerimonie ufficiali. "Io preferisco andare a
parlare ai ragazzi nelle scuole - spiega -, mi piace stare coi
giovani. Non è che non credo nelle manifestazioni ufficiali, ma
non vado perché non mi sento a mio agio dove ci sono tantissime
persone solo per le commemorazioni e poi finisce tutto. Il 23
maggio preferisco andare in chiesa e starmene con Dio. Ciò non
toglie che queste persone, compreso mio figlio, facciano bene a
partecipare".
Poi la vedova di Vito Schifani ricostruisce il clima di quei
giorni e spiega il motivo della sua scelta: "Quando ci fu la
camera ardente a palazzo di Giustizia ricordo tantissime
persone, tantissimi ragazzi, anche a quella delle scorte che poi
morirono in via d'Amelio. Questo mi è bastato per capire che la
folla è solo confusione. La folla per me è terribile, un
fardello che non vorrei portare. Io voglio restare da sola, in
disparte. Non contesto nulla ma non voglio far parte di tutto
ciò".
Di quel 23 maggio, Rosaria ricorda tutto, anche la promessa
solenne davanti alla bara del marito: "l'ho visto con questo
panno bianco in viso, gli ho potuto accarezzare solo la mano. E
ho giurato davanti a quella mano che nostro figlio sarebbe
diventato una bravissima persona e ho fatto di tutto per farlo
crescere nella legalità. Il mio progetto, quello che ho giurato,
l'ho portato a termine".
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