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La legge di Moore: esiste un limite alla miniaturizzazione dei componenti elettronici?

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La legge di Moore: esiste un limite alla miniaturizzazione dei componenti elettronici?

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Responsabilità editoriale di SEO Cube S.r.l.

18 agosto 2021, 10:00

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Uno tra i primi computer della storia fu l’ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Computer), progettato e costruito dalla “Moore School of Electrical Engineering” e presentato il 16 febbraio 1946. Dagli anni ’40 ad oggi ne abbiamo fatta di strada, soprattutto se si pensa alle dimensioni. L’ENIAC occupava una stanza di 9 x 30 m per una superficie complessiva di 180 m2 e pesava 30 tonnellate. Oggi, un computer dalla potenza di calcolo di diversi ordini di grandezza superiore, lo portiamo sempre in tasca.

L’invenzione del transistor ha cambiato la storia dei circuiti elettrici, sostituendo le valvole termoioniche usate dallo stesso ENIAC. Il primo chip, invece, risale al 1958 quando Jack Kilby, un ingegnere della Texas Instruments, installò su una piastrina di silicio diversi componenti che oggi troviamo su tutti i circuiti integrati: transistor, resistori, diodi, condensatori e relativi collegamenti. Il transistor, e successivamente i chip, hanno permesso di ridurre sempre di più le dimensioni dei nostri dispositivi, ma fino a dove si può spingere la miniaturizzazione dei componenti elettronici? 

La famosa legge formulata da Gordon Moore nel 1965 (e che porta il suo nome), descrive l’andamento della quantità di componenti inseribili in un circuito integrato: secondo le osservazioni di Moore, questa quantità raddoppiava ogni anno tra il 1959 e il 1965 e affermava che nei successivi 10 anni l’andamento sarebbe stato molto simile. Negli anni, questa legge è stata modificata e adattata dopo l’avvento di nuove scoperte e tecniche di produzione di questi componenti.

Verso la fine degli anni Settanta, il lasso di tempo in cui i componenti erano destinati a raddoppiare fu prolungato da uno a due anni e a inizi degli anni Ottanta, il periodo fu portato a 18 mesi. In questi trent’anni, abbiamo visto come l’andamento della produzione abbia rispettato questo lasso di tempo, salvo alcune eccezioni. 

Quindi possiamo continuare a raddoppiare all’infinito? Sicuramente la Fisica ce lo impedisce. Infatti, il limite di questa legge risiede nell’impossibilità di realizzare processori sempre più piccoli. Questo limite è dato dall’incapacità di andare al di sotto dei 5 nanometri, corrispondenti alla lunghezza d’onda degli elettroni. Infatti, non è possibile fisicamente costruite il gate di un transistor in silicio che sia più piccolo di 5 nanometri. Gli elettroni che passano dal source al drain sono controllati dal gate, che si attiva e disattiva come un interruttore quando viene applicata una tensione esterna.

Qualche anno fa, ricercatori dell’Università di Berkeley hanno dimostrato come sia possibile creare un transistor con un gate da 1 nanometro ma hanno usato materiale e tecniche di produzioni completamente diverse.

Un ulteriore passo è stato fatto da IBM quando ha annunciato di aver creato un chip a 2nm, il primo con questo processo produttivo. Bisogna specificare, però, che il numero “2” non sta a indicare la lunghezza del gate dei transistor utilizzati bensì il nodo utilizzato per la sua realizzazione. Tuttavia, questa tecnologia ha permesso di incidere chip ancora più piccoli in modo da inserirne un numero maggiore sul disco di silicio: si parla di 50 miliardi di transistor su un chip delle dimensioni di un’unghia.

Cosa succederà in futuro? Il dibattito è sempre acceso. C’è chi pensa che il grafene andrà inevitabilmente a sostituire il silicio in modo da superare completamente la Legge di Moore, c’è che invece crede che si arriverà al punto in cui non sarà più possibile miniaturizzare i nostri componenti. Certo è che la tecnologia trova sempre la strada del progresso e nemmeno questa volta il futuro ci troverà impreparati.

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