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Farmaco equivalente: “Dopo anni il loro uso in Italia è ancora a macchia di leopardo”

PressRelease

Farmaco equivalente: “Dopo anni il loro uso in Italia è ancora a macchia di leopardo”

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Responsabilità editoriale di PANACEA Società Cooperativa Sociale

Pur garantendo sostenibilità al SSN e risparmio ai cittadini

26 luglio 2021, 15:30

PANACEA Società Cooperativa Sociale

PressRelease - Responsabilità editoriale di PANACEA Società Cooperativa Sociale

I farmaci equivalenti avendo stesso principio attivo, concentrazione, forma farmaceutica, via di somministrazione e indicazioni di un farmaco di marca non più coperto da brevetto (originator), sono dal punto di vista terapeutico, equivalenti al prodotto di marca ma molto più economici, con risparmi che vanno da un minimo del 20% ad oltre il 50%. Questo è fondamentale per mantenere sostenibile il SSN, consentendo da un lato di liberare risorse indispensabili a garantire una sempre maggiore disponibilità di farmaci innovativi, dall’altro, al cittadino di risparmiare di propria tasca all’atto dell’acquisto dei medicinali. Ma l’uso del farmaco equivalente in Italia è ancora basso rispetto ai medicinali di marca, per fare il punto sulla situazione in Italia e sul perché di queste differenze Motore Sanità ha organizzato il Webinar FOCUS PUGLIA: FARMACI EQUIVALENTI MOTORE DI SOSTENIBILITÀ PER IL SSN, realizzato grazie al contributo incondizionato di TEVA.

“La scelta e l’utilizzo del farmaco equivalente è una decisione che coinvolge almeno tre figure: il medico prescrittore, il farmacista ed il paziente. Ad oggi, poco si sa del grado di soddisfazione del paziente nei confronti dell’uso del farmaco equivalente. In realtà, l’introduzione dei farmaci equivalenti è stata percepita come una scelta finalizzata al “risparmio” non solo in termini economici ma anche di qualità, sicurezza ed efficacia del medicinale. Invece il significato di “Generic medicinal product” va ben al di là del mero concetto di risparmio e rappresenta in tutti i Paesi del mondo un modello in grado di garantire la presenza sul mercato di validi strumenti terapeutici e contestualmente la possibilità di liberare risorse economiche da investire in nuove strategie sanitarie. I farmaci equivalenti hanno contribuito in molti Paesi Europei, come il Regno Unito e la Germania in maniera sostanziale, a riequilibrare la spesa sanitaria per la farmaceutica senza intaccare la qualità del sistema di cura. Anche in Italia, sia pur con ritardo, il farmaco equivalente è oramai una realtà consolidata, nonostante rappresenti una quota di mercato ancora molto bassa rispetto al totale della spesa per farmaci. L’utilizzo del farmaco equivalente nella realtà italiana ha sempre sofferto di una sorta di “pregiudizio” che, di volta in volta, ha valutato la concentrazione del principio attivo, l’uso degli eccipienti, la reale efficacia. A causa di queste considerazioni, l’utilizzo del farmaco equivalente, che in termini di costo/efficacia può rendere di sicuro un “buon servizio” all’economia della salute pubblica, in Italia è cresciuto con grande lentezza e tutt’oggi mantiene sacche di scetticismo che ne limitano ampiamente l’impiego. Le cause del sottoutilizzo dei medicinali equivalenti in Italia non sono del tutto chiare, ma potrebbero essere imputabili a diversi fattori. In passato è stata dimostrata una maggiore ritrosia da parte dei pazienti ad assumere medicinali equivalenti a causa di dubbi e pregiudizi. In questo contesto, l’influenza degli operatori sanitari sembra però avere un importante ruolo nelle scelte dei pazienti relativamente alla loro propensione ad utilizzare medicinali equivalenti”, ha detto Ignazio Grattagliano, Presidente SIMG Puglia

“Secondo i dati dell’Istituto Superiore di sanità (ISS) relativi al 2019, la spesa farmaceutica pro capite è stata in totale pari a 384,43 euro. I farmaci cardiovascolari rappresentano la classe a maggiore spesa e consumo. Tra i farmaci a maggior prescrizione, gli oncologici rappresentano il 15,9% della spesa del SSN, seguiti dagli antipertensivi e dagli immunosoppressori e immunomodulatori. In questo scenario i farmaci equivalenti rappresentano il 30,6% dei consumi ed il 20,3% della spesa. Si comprende pertanto che incrementare l’uso di un farmaco equivalente, che ha un costo inferiore del 20% rispetto al prodotto originario (brand), costituisce un notevole vantaggio sia per il SSN che per il cittadino. Infatti, il risparmio che ne deriva può essere investito in nuovi farmaci innovativi per patologie rare o croniche in un più ampio scenario di razionalizzazione della spesa che, a parità di qualità, sicurezza ed efficacia, consente di ampliare anche la platea di pazienti che possono accedere ai farmaci. Le società scientifiche devono implementare la formazione degli operatori sanitari all’uso del farmaco equivalente, soprattutto sottolineando la medesima efficacia e sicurezza del prodotto “generico” rispetto al prodotto “originale”, in modo da favorirne una maggiore diffusione e contribuire al contenimento ed alla razionalizzazione dei costi legati all’uso dei farmaci”, ha dichiarato Franco Mastroianni, Presidente Regionale FADOI Puglia

“Le proposte su cui lavorare sono quelle di continuare verso un’informazione corretta, che possa trasmettere una conoscenza, sia da un punto di vista scientifico ma soprattutto anche in termini di vantaggio economico e sostenibilità, una formazione adeguata e diffusa per medici e farmacisti, campagne istituzionali di sensibilizzazione. Infine, siamo arrivati al punto in cui potrebbe essere determinante una attuazione di politiche sanitarie e di welfare regionali che possano incentivare la prescrizione e la dispensazione di farmaci equivalenti, in modo tale da poter ridurre significativamente quella che è la compartecipazione dei cittadini in un momento storico dove il Paese soffre una crisi economica rilevante”, ha spiegato Alberto Giovanzana, Associate Director Government & Regional Affairs Teva Italia

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