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Papa: umanità ferita e fine pandemia, 'maratona' Rosari

E chiede di dedicare ogni giorno un'Ave Maria alla pace in Myanmar

    L'immagine non è quella del Papa sotto la pioggia di una Piazza San Pietro deserta, nella preghiera solitaria di oltre un anno fa, ma i contenuti e i significati sono gli stessi: il Pontefice, unito ai fedeli di tutto il mondo, per implorare la fine della pandemia. Con la recita del Rosario ai piedi dell'icona della Madonna del Soccorso, nella Cappella Gregoriana della Basilica di San Pietro, Francesco ha aperto ieri pomeriggio la "maratona" globale di preghiera da lui indetta per tutto il mese di maggio e che, con il coordinamento del Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione, coinvolge a turno, ogni giorno, 30 Santuari mariani nei cinque continenti.

    "All'inizio del mese dedicato alla Madonna ci uniamo in preghiera con tutti i Santuari sparsi per il mondo, con i fedeli e con tutte le persone di buona volontà, per affidare nelle mani della nostra Madre Santa l'umanità intera, duramente provata da questo periodo di pandemia", ha detto introducendo il Rosario davanti a circa 150 fedeli, distanziati secondo le norme anti-Covid. "Ogni giorno di questo mese di maggio - ha proseguito - affideremo a te, Madre di Misericordia, le tante persone che sono state toccate dal virus e continuano a subirne le conseguenze".

    "Dai nostri fratelli e sorelle defunti, alle famiglie che vivono il dolore e l'incertezza del domani - ha elencato il Pontefice -. Dai malati ai medici, agli scienziati, agli infermieri impegnati in prima linea in questa battagli. Dai volontaria a tutti i professionisti che hanno prestato il loro prezioso servizio in favore degli altri. Dalle persone in lutto e dolore a quelle che con un semplice sorriso e una buona parola hanno portato conforto a quanti erano nel bisogno. Da quanti, soprattutto donne, hanno subito violenza tra le mura domestiche per la chiusura forzata, a quanti desiderano riprendere con entusiasmo i ritmi di vita quotidiana". "Madre del Soccorso - ha concluso -, accoglici sotto il tuo manto e proteggici, sostienici nell'ora della prova e accendi nei nostri cuori il lume della speranza per il futuro".

    Ieri l'intenzione di preghiera era "per l'umanità ferita". Oggi, nel Santuario di Jesus the Saviour and Mother Mary di Elele, in Nigeria, si prega "per coloro che non hanno potuto salutare i propri cari". Domani, in quello della Madonna di Czestochowa, in Polonia, "per i contagiati e i malati". Martedì, nel Santuario dell'Annunciazione a Nazareth, in Israele, "per le donne in attesa e i nascituri". E così via, ogni giorno in un Santuario diverso (in Italia Loreto e Pompei) e con un'intenzione diversa fino al 31 maggio, quando Francesco chiuderà il ciclo nei Giardini Vaticani con un Rosario "per la fine della pandemia e la ripresa della vita sociale e lavorativa".

    Al termine della preghiera, ieri il Papa ha anche invocato "fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e per le conseguenze sull'economia e sul lavoro". Ha chiesto protezione per "i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i volontari che in questo periodo di emergenza sono in prima linea e mettono la loro vita a rischio per salvare altre vite".

    Ha implorato che siano illuminate "le menti degli uomini e delle donne di scienza, perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus", che i "responsabili delle Nazioni operino con saggezza, sollecitudine e generosità, soccorrendo quanti mancano del necessario per vivere, programmando soluzioni sociali ed economiche con lungimiranza e con spirito di solidarietà", che "le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro".

    E oggi al Regina Caeli ha fatto sua un'iniziativa della Chiesa birmana, "che invita a pregare per la pace riservando per il Myanmar un'Ave Maria del rosario quotidiano": "noi in questo mese - ha esortato affacciandosi su Piazza San Pietro - chiediamo alla nostra Madre del Cielo di parlare al cuore di tutti i responsabili del Myanmar, perché trovino il coraggio di percorrere la strada dell'incontro, della riconciliazione e della pace".

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