Il punto è passato finora pressoché inosservato, ma il comunicato del Consiglio dei Ministri di due giorni fa conteneva un annuncio che, nel quadro dei rapporti tra le due sponde del Tevere, si attendeva da anni e che definisce un punto che era ancora in discussione nell'attuazione del Concordato tra l'Italia e la Santa Sede: quello relativo all'articolo 11 sui cappellani militari e sull'esistenza spirituale alle Forze Armate. Un aspetto che era da anni al centro dei lavori di una Commissione congiunta e che da tempo veniva dato "in via di soluzione".
E ora il Consiglio dei Ministri ha fatto sapere che l'intesa tra Italia e Santa Sede è stata raggiunta e che, su proposta del premier Paolo Gentiloni, lo stesso governo ne ha approvato lo schema. Tale intesa, è stato spiegato, "ridefinisce i profili giuridici del rapporto tra i cappellani e le strutture militari, per conciliare l'elemento di continuità, costituito dalla presenza dei sacerdoti nelle Forze armate fin dal 1915, con i mutati scenari intervenuti a seguito della sospensione della leva obbligatoria e delle nuove funzioni che le Forze armate sono chiamate a svolgere in Italia e all'estero".
Il testo regola l'inquadramento, lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei Cappellani militari, "figure autonome rispetto all'organizzazione militare". L'organico dei cappellani viene ridotto dalle precedenti 204 unità a 162 e il loro trattamento economico principale "continua ad essere quello base previsto per il grado di assimilazione", mentre per quello accessorio l'intesa indica specificamente "le diverse tipologie". La stessa intesa, dopo l'esame da parte del Consiglio dei ministri, sarà sottoposta alla firma delle due parti, Stato e Santa Sede, e il suo contenuto dovrà essere recepito con apposito disegno di legge.
Proprio alla vigilia della ricorrenza dei Patti Lateranensi, che sarà celebrata martedì prossimo all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede con l'annuale vertice bilaterale e il tradizionale ricevimento, trova definizione una questione che negli ultimi anni era stata anche al centro di polemiche, riguardanti sia l'inquadramento militare e gerarchico dei cappellani (gradi e stellette) sia soprattutto i costi degli stipendi sostenuti dallo Stato.
E qualche voce polemica si leva anche ora, come quella di Luca Comellini, segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari e delle forze di polizia (Pdm), che contesta a Gentiloni di essersi piegato "alla pretese dei preti con le stellette" e la "discriminazione" tra i cappellani militari (stipendi che vanno "da un minimo di 2.000 euro netti al mese fino agli oltre 9.000 del generale di Corpo d'armata a cui è equiparato l'ordinario militare") e quelli della Polizia di Stato ("in media 1.350 euro al mese").
Per i cattolici del dissenso di Noi siamo Chiesa, invece, anziché "rilanciato e consolidato", il sistema dei cappellani militari andava abolito. "L'avallo che di fatto la presenza dei cappellani dà alle azioni delle Forze Armate italiane è in diretto contrasto con la linea della nonviolenza e con gli inviti a una politica di pace che papa Francesco quotidianamente propone ai credenti e a tutti gli uomini e a tutti i governanti di buona volontà", dice il coordinatore Vittorio Bellavite.