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Eroi, guerre e utopia, voci dall'ex Jugoslavia

Eroi, guerre e utopia, voci dall'ex Jugoslavia

Al Maxxi 100 opere per 60 artisti tra politica, storia e ideali

ROMA, 04 maggio 2021, 13:21

di Marzia Apice

ANSACheck

"Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia" - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia" - RIPRODUZIONE RISERVATA
"Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia" - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - La dimensione collettiva che contrasta quella individuale, l'eroismo che sfida il potere, la violenza che combatte la fratellanza, il passato che cerca un dialogo con il presente: è il fronteggiarsi di due forze opposte a scandire in un lungo mosaico fatto di testimonianze artistiche eterogenee la mostra "Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia", in programma a Roma negli spazi del Maxxi dal 5 maggio al 12 settembre.

A cura di Zdenka Badovinac (con la curatrice associata Giulia Ferracci), il progetto espositivo si sviluppa a partire da una dimensione temporale circolare costruita attorno all'ex Jugoslavia, terra di conflitti e instabilità ma anche di slanci verso il futuro, per percorrere il destino della sua storia recente e indagarne gli eventi - dal punto di vista sociale, antropologico e politico - fino al momento della sua disintegrazione. Cento le opere per sessanta artisti, provenienti da Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Kosovo, Serbia, Slovenia, tutti chiamati a interrogarsi sul modo in cui, nel corso della storia, si sia evoluto il concetto di eroismo inteso come atto individuale e al tempo stesso collettivo: quel "più grande di me" del titolo, che rimanda all'ideale di pace, stabilità, fratellanza necessario ad alimentare la speranza (o l'utopia?) di riuscire a creare una realtà alternativa. Dai fatti che portarono alla prima guerra mondiale e al collasso dell'Impero austro-ungarico in Jugoslavia alla lotta di Liberazione nella seconda guerra mondiale, dai terribili conflitti delle guerre civili in Bosnia ed Erzegovina e in Kosovo negli anni '90 agli attuali flussi migratori, fino ad arrivare alla tragedia del Covid: in otto sezioni - anche qui un dualismo, con le prime quattro (Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, Speranza) dedicate alle gesta eroiche e rivoluzionarie, contraddistinte dal colore azzurro, e le altre quattro (Rischio, Individuo, Alterità, Metamorfosi) che descrivono le questioni più urgenti della contemporaneità, caratterizzate dal colore rosso - la mostra rivela quanto la pratica artistica sia essenziale nel porre interrogativi più che nel fornire risposte precostituite.

La libertà democratica e l'uguaglianza di genere; la tutela dei diritti dei lavoratori e il rischio dei processi di automatizzazione della società dei consumi; la necessità di edificare spazi accessibili e funzionali a tutti e la limitatezza dei processi decisionali individuali; l'accettazione dell'altro da noi e, infine, la relazione dell'uomo con la natura e le conseguenze dello sfruttamento irresponsabile e criminale delle sue risorse: i temi, le emozioni e le domande cambiano tante volte quanti sono gli artisti, da sempre combattenti "in prima linea" contro i regimi antidemocratici, e qui intenti a celebrare gli "eroi" che, in modi e tempi diversi, si sono sacrificati per la collettività. Procedendo nel lungo percorso cambia anche l'impatto che le opere hanno su chi guarda: all'inizio la "scena" è occupata dalla relazione tra "Orientation in 100 Revolutions" (2017), l'imponente collage di tessuto realizzato da Siniša Ilić nel quale l'artista tenta di catalogare e definire geograficamente ogni insurrezione avvenuta dalla rivoluzione russa del 1917 fino ai giorni nostri, e la scultura di grandi dimensioni di Andrej Škufca "Synthetic Zero" (2019), composta di una rete di plastica condensata e ispirata all'evoluzione tecnologica. Subito dopo però lo sguardo si allarga per seguire il lento, silenzioso scorrere degli oltre ottanta ritratti di "Was ist Kunst Bosnia and Herzegovina / Heroes 1941-1945" del collettivo Irwin: a questi volti degli uomini che hanno portato avanti la ricostruzione nel secondo dopoguerra fanno da contrappunto le icone scelte da Sanja Iveković in "GEN XX" (1997 - 2001) per raccontare le donne eroine e "resistenti" che, sempre al termine del secondo conflitto mondiale, si sono battute per la libertà e il futuro della penisola balcanica e sono state dimenticate dalla storia. E ancora, le disumane condizioni di lavoro descritte da Durantina Kastrati in "Public Heroes and Secrets" (2019 - 2020), dove gli elementi protagonisti sono arti di corpi mutilati esposti su ponteggi mobili, colpiscono quanto la denuncia della regola sempre valida del "più forte che schiaccia il debole" espressa da Mustafa-Karllo nell'opera "Hard Working" (2017), dove un uomo, sdraiato a terra, prova a costruire la sua casa con il muco essiccato delle sue narici.

Nell'approfondimento sulla natura irrompe l'attualità, con il lavoro "Visual Properties of SARS-CoV-2 Sequences" (2020) di Gregor Mobius dedicato all'analisi delle componenti e di alcune proprietà genetiche del Covid 19, e con quello di Marko Pogačnik, dal titolo "Heroes of our Time" (2020), dove gli elementi naturali sono ritratti come i veri eroi del nostro mondo.

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