(di Emanuela De Crescenzo)
Non solo parole, ma anche fatti. Il
dibattito riaperto sul diritto all'aborto segna prese di
posizione da parte delle Regioni dopo l'annuncio del governatore
dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini che ha deciso di
distribuire la Ru486 nei consultori. La Regione Lazio, che
cinque anni fa ha fatto questa scelta non ospedalizzando
l'aborto farmacologico, si incammina a rompere un altro tabù,
ovvero quello della contraccezione gratuita. L'assessore alla
sanità Alessio D'Amato ha deciso di istituire un tavolo tecnico
per procedere con un protocollo sperimentale per la gratuità
della pillola contraccettiva per le ragazze tra i 15 e i 19
anni. Una richiesta che era arrivata anche dalle due giovani
studentesse che in piazza hanno avuto uno scontro verbale con la
parlamentare Laura Boldrini.
Ma altre Regioni, come il Piemonte governato dal centrodestra,
prendono un'altra strada: qui una delibera attuativa creerà un
fondo 'pro vita" con 400 mila euro a disposizione. Soldi da
destinare alle donne in difficoltà economica: la Regione si
impegna a pagare tutto ciò che serve per sostenere e non
rinunciare alla gravidanza dai canoni di locazione o le rate del
mutuo, le bollette, abbigliamento, alimenti, farmaci, pannolini
e carrozzine. Un dibattito animato in un Paese dove il ricorso
all'aborto è tra i più bassi al mondo e soprattutto in continuo
calo, come sancito dall'ultima Relazione al Parlamento
sull'attuazione della legge 194.: Nel 2020 le interruzioni di
gravidanza sono state poco più di 66mila, pari al 9,3% in meno
rispetto al 2019. Rimane sempre alta, seppur in diminuzione,
l'obiezione di coscienza che riguarda 2 ginecologi su 3 e quasi
1 anestesista su 2. Secondo la Relazione, nel 2020, la
percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa
al 64,6% rispetto al 67% dell'anno, precedente anche se le
differenze tra regioni, sempre secondo la relazione, sono
amplissime: a Bolzano l'obiezione dei ginecologi è l'84,5% dei
ginecologi, mentre in Valle d'Aosta del 25%.
Difficoltà anche per la pillola Ru486 che dapprima veniva
somministrata esclusivamente negli ospedali e da due anni a
questa parte anche negli ambulatori e nei consultori ma solo in
alcune Regioni come Lazio, Alto Adige, Toscana, Campania e
Lombardia. Nella maggior parte delle Regioni la somministrazione
avviene però attraverso protocolli ospedalieri. Per Eleonora
Mizzoni di "Obiezione respinta", un progetto di mappatura
dell'obiezione di coscienza in Italia, nato da 'Non Una Di
Meno', "la Ru486 fino a due anni veniva utilizzata in Italia
solo nel 18% dei casi ed eravamo l'unico paese in Europa ad
avere il limite delle 7 settimane e l'ospedalizzazione per la
sua assunzione. Poi sono state varate dal ministero delle linee
di indirizzo che hanno consentito di utilizzare la pillola entro
le 9 settimane e la possibilità di non essere ospedalizzati ma
di poter la assumerla nei consultori". Tra i problemi segnalati
da Mizzoni c'è anche l'obiezione dei farmacisti per la pillola
del giorno dopo. Ma la preoccupazione maggiore è la riduzione
dei consultori pubblici: "in Lombardia il numero dei consultori
privati Pro-life ha superato quelli pubblici, mentre a Pisa ce
ne è uno solo pubblico nonostante 80 mila abitanti e 60 mila
studenti fuorisede".
"Non si tratta di dare fondi alle associazione o dei luoghi
dove andare - sottolinea Jocopo Coghe portavoce nazionale di
Pro Vita e Famiglia - ma di finanziare aiuti per le donne che ne
hanno bisogno. Ed è in fondo quello che prevede la prima parte
della legge 194".
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