Un eroe del calcio unico, anche nella sua umiltà e "normalità" fuori dal campo, solitario e carismatico goleador, dal fisico non possente, ma capace di trascinanti e irrefrenabili giocate. Un campione che ha realizzato il suo sogno combattendo costantemente con la malattia legata all'ormone della crescita. E' l'argentino Lionel, detto Leo Messi, 35 anni idolo mondiale, protagonista della vittoria dell'Argentina al Mondiale del Qatar domenica 18 dicembre. Il campione è stato raccontato in tanti libri, fra gli altri in un capitolo di La bellezza e l'inferno di Roberto Saviano (Mondadori), e in "Pulce. La vita di Lionel Messi! di Guillem Balague (Piemme e anche al cinema con il docufilm "Messi" di Alex De la Iglesia, mix di immagini d'archivio, interviste e ricostruzioni con attori, basato sulla sceneggiatura del campione del mondo Jorge Valdano, anche narratore, fuori concorso alle Giornate degli Autori alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia 2014.
Quella di Messi ''è la 'storia universale, magnifica di un ragazzo che supera tutti gli ostacoli'' ha spiegato Guillem Balague, noto autore di libri sul calcio.
Leo infatti, nato a Rosario nel 1987, era soprannominato da bambino Pulga (Pulce), proprio per la sua piccola statura. Inizia a giocare a calcio a 5 anni, e si rivela subito un grande talento. Il River Plate si interessa a lui ma non possono pagargli le costose cure per l'insufficienza ormonale che era stata diagnosticata a Messi quando aveva 11 anni. E' il Barcelona quindi che decide di puntare su di lui, rendendosi disponibile a pagare cure del ragazzo qualora si fosse trasferito in Spagna. Lui lo fa, accompagnato dal padre e decolla così la sua incredibile carriera calcistica, da plurivincitore del pallone d'oro. ''Leo ha superato ogni singolo ostacolo - ha detto Balague -. Devi essere molto speciale, per riuscirci''. Un'infanzia trascorsa tra i problemi fisici e la sua grande passione per il calcio con straordinari gol anche da bambino. Nelle prime interviste diceva: ''Sogno di giocare nella nazionale argentina'' diceva da adolescente. L'ex ct dell'argentina Cesar Luis Menotti di lui ha detto: ''E' un giocatore straordinario, uno dei migliori diamanti'' e Johann Cruijff ha affermato: ''Grazie a Dio Messi esiste''.
Di lui Diego Maradona aveva detto: «L’ho visto, e ho subito capito che avrebbe preso il mio posto.»
È solo un bambino gracile e con seri problemi di salute, quando sale su un aereo che scavalca l’oceano. Dal campetto del Grandoli, in Argentina, tutto buche, sassi e pezzi di vetro, conficcato tra palazzoni di cemento, a Barcellona, dove ha sede una delle più prestigiose squadre di calcio del mondo: il Barça. Lo chiamano “la pulce”, “il nanerottolo”, e non sempre con rispetto. Così gracile – ha senso che qualcuno ci perda tempo, fatiche e soldi? Suo padre Jorge crede di sì. Un dirigente della squadra crede di sì. Al punto da siglare un accordo su un tovagliolo di carta, al ristorante. È l’inizio di notti passate a piangere. Lontano dalla madre e dal resto della famiglia, che ha riposto tutte le speranze in lui. La partenza per un viaggio che molti intraprendono, ma ben pochi portano a destinazione. Una sfida contro se stesso, cominciata quando palleggiava centinaia di volte senza sbagliare, con qualsiasi oggetto gli capitasse a tiro. Quando dormiva stringendo un pallone. Leo, passa! Ma Leo non passa. E dribbla uno dopo l’altro gli avversari. Ieri i talentosi ragazzi di Rosario, in Argentina. Oggi i più grandi campioni del mondo, gli assi del Real Madrid, del Manchester, di Juventus, Milan e Inter. Perché il bambino che non passava la palla ha stretto i denti, si è asciugato le lacrime ed è arrivato. Incurante di strappi e fratture, forte nonostante invidie e gelosie.
Come nasce una leggenda? Seguendo il cuore. Non arrendendosi mai. È questo che insegna la storia di Lionel “Leo” Messi. Il bambino che non riusciva a crescere, oggi è un gigante. Da due anni fuori dal Barcellona, ora al Paris Saint Germain, ha battuto il suo compagno di squadra in Francia, il campione Kylian Mbappé .