Le toghe progressiste di Area sono
prime, ma tallonate da Magistratura Indipendente, la corrente
che ha avuto a lungo come punto di riferimento Cosimo Ferri e
che ha pagato il prezzo più alto al caso Palamara, con 3
consiglieri del Csm costretti alle dimissioni. Dimezza la
propria rappresentanza Unità per la Costituzione, di cui stato a
lungo leader di fatto il pm romano radiato dalla magistratura
per lo "scandalo" delle nomine. E va male anche Autonomia e
Indipendenza, il gruppo fondato da Piercamillo Davigo, che alle
scorse elezioni aveva fatto il botto, ma che stavolta sconta
l'assenza del suo leader: prende gli stessi seggi degli
esordienti " Articolo 101", la neonata formazione che si pone in
antitesi alle correnti tradizionali, ma i cui rappresentanti
sono già stati in passato all'Anm sotto le insegne di "Proposta
B". E' il quadro composito che emerge dalle elezioni per il
rinnovo dei 36 componenti del Comitato direttivo centrale
dell'Anm, il "parlamentino delle toghe" che già il 7 novembre
prossimo è chiamato ad eleggere il nuovo presidente e la nuova
giunta destinate a guidare il sindacato dei magistrati per i
prossimi 4 anni. Ma c'è un altro dato da non sottovalutare. Ed è
il calo sensibile dei votanti, che tradisce la "disaffezione" di
una parte dei magistrati al sistema delle correnti, uscito con
le ossa rotte dal caso Palamara. Nonostante per la prima volta
si votasse con modalità telematica, sono stati solo 6.101
magistrati a scegliere i rappresentanti al Comitato direttivo
centrale dell'Anm, pari al 85,92% dell'elettorato attivo. Un
migliaio in meno (7100) di quelli che si erano registrati nelle
scorse settimane e quasi due migliaia in meno rispetto alle
elezioni del 2016. Area è dunque la vincitrice con 1785 voti e
suo è anche il primo degli eletti, con 739 preferenze: il
presidente uscente dell'Anm Luca Poniz,che ha spinto per una
linea intransigente nei confronti di tutti i magistrati
protagonisti della riunione sulle nomine all'hotel Champagne con
Palamara, Ferri e il dem Luca Lotti, ma dialogante sulla riforma
dell'ordinamento giudiziario, alla guida di una coalizione
formata da Area, Unicost e Autonomia e Indipendenza, con
Magistratura Indipendente all'opposizione. Numeri che dovrebbero
portare il gruppo a 11 seggi, 2 in più di quelli che aveva
ottenuto nel 2016. Ottimo risultato anche per Magistratura
Indipendente, nella cui lista si erano presentati sotto
l'insegna di Movimento per la Costituzione, anche ex esponenti
di Unicost (come Antonio Sangermano, in passato pm del caso
Ruby): incassa 1648 voti, che dovrebbero portarla a 10 seggi (+2
rispetto a 4 anni fa). Per Unità per la Costituzione - la cui
dirigenza ha preso da subito le distanze da Palamara e ha
sposato una linea intransigente- invece la batosta è netta.
Anche se il suo presidente Mariano Sciacca vede comunque un
progresso rispetto alle elezioni suppletive del Csm.Nel 2016 era
stata la prima corrente, oggi i suoi consensi si fermano a 1212,
con una contrazione di seggi notevole: dai 13 di allora,
dovrebbe accontentarsi di soli 7. In calo considerevole anche
Autonomia e Indipendenza: dopo il bagno di voti del 2016
trainato essenzialmente da Davigo ottiene 749 preferenze e così
gli stessi seggi di "Articolo 101" che di voti ne ha presi
651.Tra i suoi, il primo degli eletti è l'ex consigliere del Csm
Aldo Morgigni. Difficile capire che prospettive si aprono per il
"governo" del sindacato dei magistrati . "Come quattro anni fa
il nostro obiettivo è la giunta unitaria", assicura il
segretario di Area Eugenio Albamonte. Ma l'accordo tra tutte le
correnti non sembra un traguardo facile.
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