(di Stefano Intreccialagli)
Cinque ministeri e 600 comuni uniti
in un progetto del valore di 20 milioni di euro che vuole
rilanciare il turismo in Italia, valorizzando i piccoli borghi
ai quali gli italiani all'estero di seconda, terza e quarta
generazione potranno fare ritorno per riscoprire le loro radici
e la loro cultura. E diventando 'ambasciatori' nei Paesi in cui
vivono per convincere gli stranieri a visitare l'Italia. Questo
il senso del progetto inserito nel Pnrr 'Turismo delle radici:
una strategia integrata per la ripresa del settore del turismo
nell'Italia post Covid-19' presentato alla Farnesina dai
ministri degli Esteri Antonio Tajani, del Turismo Daniela
Santanchè, dell'Istruzione Giuseppe Valditara e dell'Università
Anna Maria Bernini, insieme al sottosegretario alla Cultura,
Gianmarco Mazzi.
"Puntiamo alla crescita del turismo nel nostro Paese non
guardando soltanto alle grandi città ma anche ai piccoli
centri", ha sottolineato Tajani aprendo la mattinata per
illustrare il progetto che si rivolge ai "tanti italiani nel
mondo" che vogliono scoprire dove vivevano i loro antenati.
"Abbiamo una potenzialità enorme e potremmo raddoppiare e
triplicare le presenze turistiche", ha spiegato, sottolineando
che "per portare a casa il miglior risultato possibile abbiamo
bisogno di un gioco di squadra" con gli altri ministeri. E il
progetto "potrà funzionare se c'è una fattiva collaborazione"
con i sindaci, presenti alla mattinata. Sono infatti i comuni
sotto i 5.000 abitanti i principali destinatari del progetto che
vede un valore di complessivo di 20 milioni di euro per
iniziative che puntano a valorizzare piccoli borghi e zone
rurali, con la ristrutturazione e il recupero di abitazioni e
infrastrutture in disuso e favorendo i fornitori di servizi e
prodotti locali.
Il turismo delle radici "è uno snodo cruciale" per il
settore, perché "si rivolge a un bacino di utenza stimato in
circa 80 milioni di persone, tanti sono gli italiani di seconda
e terza generazione che vivono all'estero", ha spiegato
Santanchè. "Prima della pandemia, siamo arrivati a contare oltre
10 milioni di turisti delle radici, poi sono diminuiti ma
nonostante tutto, nel 2021 sono stati 6 milioni gli italiani
all'estero tornati nella nostra nazione", con una spesa "pari a
4,2 miliardi di euro". Cifre che l'Italia vuole replicare e
superare, anche facendo leva sul sistema educativo italiano, che
può "sostenere fortemente" il turismo delle radici con le scuole
e gli istituti tecnici e professionali, secondo il ministro
Valditara. Anche l'università si muove già nella direzione di
essere "canale di valorizzazione delle nostre radici", ha
evidenziato Bernini, ricordando il fenomeno come quello della
fuga dei cervelli, che "non va drenata, ma implementata".
Per il successo della strategia, servono poi le realtà
associative, gli enti, le camere di commercio e tutti gli attori
coinvolti. "Ed è importante includere le imprese", ha
evidenziato il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli.
L'opportunità è infatti evidente: nel 2023 potrebbero essere
superati i livelli pre-pandemia del settore turistico italiano,
secondo Ivana Jelinic, ad dell'Enit.
L'evento odierno è stato "un rilancio e una sintesi
importante" di un processo iniziato da tempo. Ora
"rimbocchiamoci le maniche. Partiamo con le iniziative già nel
2023 e in modo da sfociare nel 2024 nell'anno sul turismo delle
radici", ha detto il direttore generale per gli Italiani
all'estero Luigi Maria Vignali, chiudendo la mattinata. I
sindaci ci sono e ci credono. Come Vincenzo Nunno, che
amministra Bovino, piccolo borgo nel foggiano. "Vogliamo essere
attrattivi per i più giovani", che "devono venire scoprire cosa
facevano i nonni, i padri, il cibo e i profumi" di una volta.
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