A un anno dal primo lockdown gli
smart workers sono dipendenti pubblici, dirigenti e personale
altamente qualificato. Lo rivela un'inchiesta dell'Istituto
Promozione Lavoratori (Ipl) di Bolzano. Per gli intervistati il
mix ideale è di 2-3 giorni alla settimana di lavoro da remoto.
La stragrande maggioranza di chi non ha lavorato da remoto
dichiara che il proprio lavoro non si può svolgere a distanza
(85% degli intervistati), mentre minoritarie: non gli è stato
permesso (3%); la presenza del capo era necessaria (2%);
dimensione della casa o presenza di altre persone in famiglia
(2%); altri motivi (8%).
"Emerge che il 46% dei lavoratori e delle lavoratrici del
pubblico impiego ultimamente era in smart working, quota che
scende al 31% per gli occupati nel privato", evidenzia la
Vicedirettrice dell'Istituto Silvia Vogliotti, che ha elaborato
i dati insieme alla tirocinante Gaia Peressini. "Non si
evidenziano differenze di genere, mentre era in lavoro da remoto
il 40% di chi ha un contratto fisso e il 15% di chi ha un
contratto a tempo determinato", prosegue Vogliotti. Rispetto
alle professioni, gli smart workers sono soprattutto dirigenti,
professionisti altamente qualificati e addetti a lavoro di
ufficio, con quote superiori al 50% di lavoratori da remoto in
tutti e tre i casi. Molto meno diffuso il lavoro da remoto nelle
attività commerciali (il 19% degli intervistati), nei servizi
(18%), nonché negli operai specializzati (14%), mentre nessun
operaio qualificato o non qualificato dichiara di aver lavorato
ultimamente da remoto.
Passata la fase emergenziale quali elementi sono ritenuti
importanti dai lavoratori e dalle lavoratrici al-toatesine per
lavorare da remoto? Gli intervistati evidenziano la possibilità
di ottenere premi di risultato e produttività anche se si lavora
da remoto, di fare formazione e la possibilità di avere comunque
momenti di confronto in presenza con colleghi e capi. "Lo smart
working ha un futuro anche dopo la pandemia", è convinto il
presidente dell'Ipl Dieter Mayr. "Perché questo accada, però, le
condizioni devono essere quelle giuste. Sono quindi necessarie
regole chiare, concordate a livello di contrattazione
collettiva", conclude.
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