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Cinzia Bearzot: 'Mio padre ct, colto e testardo'

Cinzia Bearzot: 'Mio padre ct, colto e testardo'

'Non amava la popolarità. Il calcio di oggi non gli piacerebbe'

ROMA, 27 giugno 2022, 13:19

di Laura Masiello

ANSACheck

L 'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini con il ct dell 'Italia Campione del Mondo Enzo Bearzot - RIPRODUZIONE RISERVATA

L 	'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini con il ct dell 	'Italia Campione del Mondo Enzo Bearzot - RIPRODUZIONE RISERVATA
L 'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini con il ct dell 'Italia Campione del Mondo Enzo Bearzot - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un uomo colto e testardo, padre severo e intransigente, un nonno affettuoso. E' anche questo, Enzo Bearzot. Nei giorni in cui l'Italia celebra i 40 anni della vittoria del Mondiale di Spagna, a tracciare il ritratto del commissario tecnico di quella che nell'immaginario collettivo è la 'vittoria' del calcio italiano è la figlia Cinzia, docente di storia greca all'Università Cattolica di Milano, insieme al figlio Rodolfo, unico nipote maschio del tecnico.
    "Nell'82 ero già fuori casa - racconta Cinzia Bearzot al telefono con l'ANSA - ma ricordo bene quelle settimane e l'atmosfera che si respirava. E ricordo anche la testardaggine di papà nel portare avanti le sue idee. Era assolutamente indifferente alla popolarità; e, soprattutto, se era convinto di una cosa non c'era modo che cambiasse idea. Io al suo posto avrei reagito diversamente". Il riferimento è alla polemiche che precedettero la vittoria del Mondiale, le critiche feroci di cui fu oggetto Bearzot, "al limite della cattiveria" sottolinea la figlia.



    "Furono critiche ingenerose - aggiunge - . Noi abbiamo sofferto parecchio della gogna mediatica che si era scatenata, ma a lui non interessava essere amato dalla stampa e dal pubblico. Credeva in Paolo Rossi, nella sua innocenza, e decise di aspettarlo. La sua fu una scommessa azzardata, credo che molto abbia giocato la sua testardaggine. Ma i fatti gli hanno dato ragione", aggiunge. "Papà aveva solide basi culturali che gli avevano dato i salesiani al Collegio San Luigi di Gorizia - racconta - aveva fatto il liceo classico, poi fece il provino con l'Inter e la sua vita cambiò. Mio nonno non la prese bene...".
    In Spagna la famiglia Bearzot non c'era: "Papà scindeva gli affetti dal lavoro. Non voleva che i piani si sovrapponessero.
    Così noi eravamo a Milano durante i Mondiali. Ho conosciuto tante persone di quel gruppo solo negli ultimi anni, dopo la morte di mamma. Quando era a casa non si parlava del suo lavoro.
    Con lui parlavo di altro, dei nostri interessi comuni, i classici latini e greci, la pittura, la letteratura, la musica.
    Gli devo molto. Mi ha insegnato a guardare sempre avanti. Certo era un papà severo e intransigente, ma si stava bene insieme.
    Diceva sempre 'la casa dovrebbe essere un recinto pieno di bambini'. Poi si è rifatto con i nipoti. Era convinto di aver sottratto del tempo a noi figli per il suo lavoro, ma con i nipoti si è rifatto ampiamente. E' stato un nonno affettuoso e presente".
    L'affinità con il presidente della Repubblica Sandro Pertini, il feeling con Dino Zoff ("per età ed in nome della friulanità"), la grande amicizia con il professor Vecchiet e poi l'esaltazione di quel gruppo "unito come non mai - sottolinea la professoressa Bearzot - dai magazzinieri ai giocatori, una cosa della quale papà era estremamente fiero", e poi il grande legame con Giovanni Arpino. "Di quei giorni - dice ancora Cinzia Bearzot - papà sentiva l'esigenza di spiegare quel famoso silenzio stampa: che fu una richiesta fatta per poter lavorare in pace. Una decisione impopolare, ma a lui la popolarità non interessava".
    Il legame con Zoff, la stima in Paolo Rossi, ma qualcuno l'ha deluso? "Mio padre era un uomo intransigente, in famiglia come nel lavoro: se uno sgarrava non era affidabile, sì qualcuno che l'ha deluso c'è ma non mi faccia dire chi è", sottolinea la signora Bearzot. Il riferimento è all'attuale ct azzurro Roberto Mancini che dopo una ritardo in un ritiro, nell'84, non fu più convocato da Bearzot.
    Un padre ed un allenatore intransigente, un nonno presente e affettuoso Enzo Bearzot: "Io sono nato due anni dopo la vittoria del Mondiale - racconta il nipote Rodolfo, oggi avvocato - e ci ho messo del tempo a rendermi conto che il nonno in realtà era l'uomo che aveva costruito quella vittoria. E' stato il nonno per antonomasia. Mi veniva a prendere a scuola, giocava con me al parco, veniva a vedere le mie partite di pallanuoto e mentre tutta la piscina aveva occhi per lui, lui non perdeva un'azione per poi darmi consigli. Guardare le partite con lui era incredibile. Di lui ho ricordi stimolanti e giocosi. Cosa mi raccontava di quel Mondiale? Le nottate a chiacchierare con Tardelli prima delle partite e la convinzione di poterlo vincere il Mundial una volta superati Brasile e Argentina. Mi ha sempre detto di non sprecare il talento e di raggiungere gli obiettivi".
    "Il calcio di oggi non gli piacerebbe - dicono all'unisono Cinzia Bearzot e suo figlio - per lui era uno strumento di educazione ed ora invece c'è tanto business intorno. No, non gli piacerebbe".
   

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