Romano Prodi indica la frenata della
globalizzazione tra le prime cause dell'aumento dell'inflazione
nel mondo. "Buona parte dell'inflazione che è scoppiata negli
ultimi tempi è perché non arriva più roba a prezzi bassissimi
dalla Cina, o arriva a prezzi un po' più alti o ne arriva meno",
sottolinea l'economista nel primo forum in streaming "Voci sul
futuro", realizzato da ANSA con l'Asvis in occasione del
Festival dello sviluppo sostenibile.
"C'è chi gioisce perché andiamo nella via di una maggiore
autonomia, ma dobbiamo anche capire che ne paghiamo parte del
prezzo", continua Prodi ricordando che la globalizzazione "ha
contenuto tutti i costi di produzione, e ha portato anche
all'effetto negativo di contenere indirettamente i salari, ma ci
ha salvato dall'inflazione". "Adesso dobbiamo ri-garantirci dai
rischi politici, ri-garantirci dai rischi economici, e stare
attenti che non parta un processo inflazionistico incontrollato
perché allora il danno sarebbe grande", è la sua indicazione.
Per il futuro, però, Prodi non prevede la fine della
globalizzazione, che porterebbe all'esplosione delle
disuguaglianze in un mondo di serie A, uno di serie B e uno di
serie C, ma a una sua riduzione. "Fra la pandemia, la scarsità
dei materiali per la domanda variabile, i problemi politici -
anche prima della guerra - si sta verificando una completa
rottura degli equilibri precedenti. La globalizzazione non ha
più la forma di prima, non scompare, ma diminuisce", è il
ragionamento. "Non scompare - rimarca - perché quando pensiamo
che un terzo delle esportazioni cinesi è fatto da multinazionali
soprattutto americane, prima di rompere tutto, ci si pensa tre
volte".
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