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Paroli, socialista che salvò un fascista

Paroli, socialista che salvò un fascista

Una storia di umana pietà nel libro di Virman Cusenza

ROMA, 19 gennaio 2022, 12:31

di Michele Cassano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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VIRMAN CUSENZA, GIOCATORI D'AZZARDO (MONDADORI, 203 PP, 22 EURO) - Nasce dal lavoro svolto da Leonardo Sciascia il saggio storico di Virman Cusenza, che analizza una storia poco conosciuta degli anni appena successivi al fascismo.
    Una figura colpevolmente non raccontata quella del protagonista, l'avvocato Enzo Paroli, che decide di impegnarsi in un'impresa ardua per quella fase storica. Una storia che aveva subito catturato l'attenzione dello scrittore siciliano che aveva cominciato a raccogliere materiale per raccontarla in un libro, che purtroppo vide mai la luce.
    Parte da lì la ricerca dell'ex direttore del Mattino e del Messaggero, grazie alla famiglia di Sciascia che gli ha consentito di visionare le carte raccolte dallo scrittore, comprese alcune lettere che fanno luce su questa singolare vicenda. Siamo a Brescia, nel novembre 1945. L'avvocato Enzo Paroli, socialista e antifascista, incontra nell'affollato carcere di Canton Mombello il detenuto Telesio Interlandi, accusato di «collaborazionismo» con l'invasore nazista.
    Interlandi non è un giornalista qualunque, per l'intero Ventennio è stato il ventriloquo di Mussolini. E lo ha seguito anche a Salò. Stanco, provato, è terrorizzato all'idea di affrontare in un'aula di tribunale la responsabilità di essere stato uno dei simboli del regime: il direttore del quotidiano oltranzista «Il Tevere» e della «Difesa della razza», la rivista fondata nel 1938 allo scopo di condurre la campagna antisemita e spianare la strada alle leggi razziali.
    Paroli è incerto, consapevole del rischio e dell'azzardo che comporta assumere la difesa di un fascista nient'affatto pentito, di un giornalista che sul razzismo ha costruito la propria fortuna non soltanto economica, di un intellettuale «scomodo», spesso inviso ai gerarchi del partito ma sempre protetto e generosamente finanziato da Mussolini. Eppure, alla fine, Paroli accetta la missione. Anzi, approfittando dell'inspiegabile quanto rocambolesca scarcerazione del prigioniero, decide di nasconderlo insieme alla sua famiglia nella propria abitazione per oltre otto mesi, fino all'archiviazione del caso.
    Cusenza raccoglie informazioni nella casa di Sciascia, aiutato dal nipote Vito catalano, scorre le lettere che Interlandi dal carcere indirizza a moglie e figlio, oltre che su un memoriale che descrive il lavoro dell'uomo di Mussolini e del suo entourage. Il giornalista va però oltre, esplorando le carte dell'Archivio dello Stato, una miniera che contiene in particolare il fascicolo giudiziario con le accuse a Interlandi, ma anche lettere e altri documenti. Ne viene fuori un saggio che ripercorre gli anni ruggenti del fascismo, ma è anche un romanzo che cerca di spiegare le ragioni che spingono uno stimato avvocato a mettere a repentaglio la propria carriera per difendere uno degli sconfitti, uno di quelli che si sono ritrovati dalla parte sbagliata della Storia.
    In un Paese che ancora oggi non ha fatto fino in fondo i conti con la propria storia, lo sforzo dell'autore è quello di mettere in luce le scelte dettate dalla pietà umana dell'avvocato, che, in un clima tutt'altro che favorevole, decide di mettersi in gioco per tutelare i diritti alla difesa di Interlandi, che rischiava di finire sotto dalle raffiche di mitra di qualche improvvisato giustiziere. "Il gesto di Paroli - scrive l'autore - contiene una così alta percentuale di rischio e una disinteressata generosità che alla fine va ben oltre il richiamo a qualunque appartenenza. Se non a quella del genere umano. L'unica che possa giustificare un azzardo che altrimenti non ha contropartite".
   

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