(di Silvia Lambertucci)
(ANSA) - ROMA, 24 OTT - Il cielo buio di cenere, le strade
riempite dalla coltre rovente dei lapilli, i tetti che crollano
sotto il peso di quella assurda pioggia, con l'aria che si fa
irrespirabile ovunque, mentre sotto i piedi la terra da ore non
smette di tremare. A Pompei nel primo pomeriggio del 24 ottobre
del 79 dopo Cristo c'è aria di apocalisse. Chi non ha capito in
tempo, chi non ha voluto o non è potuto fuggire, ora cerca
disperato un rifugio che non c'è.
E' la storia drammatica e scioccante che ci rimanda l'ultima
scoperta fatta con gli scavi che da qualche mese si stanno
facendo nella Regio V della cittadella per mettere in sicurezza
dai crolli le straordinarie vestigia della colonia romana.
Ritrovati nella casa del Giardino, ora ribattezzata la Casa
dell'Iscrizione perché è la stessa nella quale è stata
identificata qualche giorno fa l'iscrizione che sembra aver
cambiato, spostandola di due mesi, la data dell'eruzione,
emergono ora cinque scheletri. Con tutta probabilità, spiega
all'ANSA il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna,
"si tratta dei resti di due donne e di tre ragazzi, un
ritrovamento di straordinario interesse sia per le dinamiche
eruttive sia per la documentazione degli scavi in età moderna".
Sono i resti di cinque persone che avevano cercato rifugio in
una sorta di piccola stanza da letto (insieme agli scheletri
sono stati ritrovati anche i resti di un letto o di un grande
divano) affacciata sull'atrio, l'unica stanza della casa rimasta
integra, con il tetto ancora al suo posto mentre tutto intorno
era uno sfacelo di crolli. "La cenere cadeva su Pompei ormai da
18 lunghe ore - ricostruisce Osanna - i lapilli avevano invaso
qualunque cosa, avevano sfondato i tetti, riempito le strade,
anche il Vicolo dei Balconi sul quale si affacciava
l'abitazione". Una fuga a quel punto doveva apparire
impensabile. "Per loro senz'altro, visto che il portone
d'ingresso era bloccato e l'atrio riempito di cenere", aggiunge.
Per cui quella piccola stanza deve essere apparsa alle due donne
come l'ultima possibilità di salvezza. Chissà, forse ancora
speravano che la furia degli elementi potesse finalmente
placarsi.
"Quel luogo doveva sembrare loro sicuro", fa notare
l'archeologo. Per cercare di sigillare la porta, le due donne
"le hanno messo davanti anche un mobile, forse per frenare la
spinta della cenere". Tutto inutile. Il gruppetto, sottolinea
Osanna, deve aver trovato una fine orribile, "sono morti
schiacciati dal crollo del tetto, che alla fine ha ceduto, o
bruciati dalla nube piroplastica, la nuvola di fuoco e gas che è
arrivata alla fine, chissà forse una concomitanza di entrambe le
cose". Gli esami consentiranno ora di chiarire com'è andata. Ma
intanto il ritrovamento porta con sé altri elementi importanti
per la storia degli studi. Una moneta di Filippo d'Asburgo
risalente agli anni '30 del Seicento e ritrovata vicino ai resti
umani testimonia di scavi clandestini avvenuti in quella zona
ben prima del 1748, la data ufficiale dell'inizio degli Scavi di
Pompei. "Scavi clandestini devastanti - riferisce il direttore
del Parco - fatti per razziare tutti gli oggetti di valore,
senza attenzione per gli scheletri, che sono stati in parte
rimossi e smembrati".
Una sorta di tombaroli ante litteram, insomma, che avevano
scavato un tunnel nella cenere indurita e una volta all'interno
della stanza hanno divelto e portato via tutto quello che hanno
potuto, lasciando addosso agli scheletri solo due collanine in
pasta vitrea. Lo scempio non è arrivato però davanti alla porta
della stanza, dove alcuni resti umani, dice, "sono stati
ritrovati intatti, la testa di una donna schiacciata dalle
tegole e a fianco i resti di un braccio e delle gambe di una
altra vittima, mentre in un angolo affiora una mano ancora con i
suoi due anelli, uno in argento e l'altro in ferro". A duemila
anni di distanza, una scena che ancora toglie il fiato. (ANSA).