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Privacy online: il 95% dei genitori non si fida dei social

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Privacy online: il 95% dei genitori non si fida dei social

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Responsabilità editoriale di Federprivacy

La maggior parte degli adulti ritiene che non bastino 13 anni per consentire ad un bambino di iscriversi da solo ad un social network. Bernardi: "Scarsa trasparenza penalizza il mercato digitale"

17 febbraio 2021, 08:30

Federprivacy

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il 95,3% dei genitori non ritengono accettabile che ai loro figli basti aver compiuto 13 anni per iscriversi a un social network senza il loro benestare. Anzi, nel 68,5% dei casi riterrebbero giusto attendere che abbiano compiuto 16 anni per consentirglielo, mentre il 26,8% sono in linea con la previsione del Codice Privacy italiano, il quale richiede che per dare il proprio consenso per il trattamento dei dati personali si deve aver compiuto 14 anni.

A evidenziare queste preoccupazioni è l’ultimo sondaggio effettuato dall’Osservatorio di Federprivacy con il supporto dei propri delegati di 107 province italiane.

Anche se l’intervento del Garante su Tik Tok e la campagna informativa dell’autorità per sensibilizzare i genitori rappresentano un importante primo passo per la tutela dei minori online, resta quindi il fatto che allo stato attuale i social network non godono di abbastanza fiducia per lasciare che i giovanissimi vi accedano da soli, e Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy, ne spiega le ragioni:

“In internet troviamo una vasta gamma di servizi apparentemente gratuiti, e ai soggetti più vulnerabili come sono i bambini questo può apparire come una sorta di paese dei balocchi, ma non è tutto oro quello che luccica, perché spesso quando ci iscriviamo ad un social paghiamo con i nostri dati personali, che vengono spesso sfruttati in modo indiscriminato per finalità di marketing ed altri scopi poco trasparenti che non riesce pienamente a comprendere neanche un adulto maturo che si prende la briga di leggere le lunghissime e complicate informative sulla privacy. Questa scarsa trasparenza finisce per minare non solo la fiducia dei genitori, ma quella di tutti gli utenti penalizzando lo sviluppo del mercato digitale”.

In effetti lo scenario del web non è troppo rassicurante per il benessere dei minori, in quanto anche una recente ricerca di Federprivacy aveva già evidenziato che il 93,8% delle app rivolte ai bambini contengono tracker che li spiano e quasi la metà di queste trasferiscono i dati in paesi non sicuri per la privacy, ma nell’87% dei casi non vengono neanche pubblicati i contatti di un Data Protection Officer a cui un genitore avrebbe diritto di rivolgersi per tutelare il proprio figlio.

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