Dopo un primo semestre che faceva
presagire un miglioramento economico, l'aggiornamento a
settembre dell'indagine congiunturale dell'Ufficio Studi
dell'Api Torino mostra una situazione molto negativa con una
decisa virata verso il pessimismo. Il grado di fiducia degli
imprenditori ha avuto un tracollo vertiginoso: rispetto a solo 3
mesi fa la diminuzione è di oltre 40 punti percentuali da -11,7%
a -59,8%, minimo storico, addirittura superiore di oltre 10
punti percentuali rispetto al periodo Covid (46,6%).
Se già nel 2021 l'incidenza dei costi dell'energia si
aggirava attorno al 4%, con picchi del 5,2% per il settore
manifatturiero, nel 2022 l'incidenza attesa sui ricavi è al
9,5%. Le imprese per ora ricorrono all'aumento dei prezzi
(54,9%), rinviano gli investimenti programmati (26,5%), riducono
le attività che richiedono maggiore consumo di energia (26,5%),
rinegoziano i contratti di fornitura (21,6%), investono in fonti
rinnovabili (16,7%). Tutti gli indicatori registrano saldi
ampiamente sotto lo zero: -42.1% produzione, -42.2% ordini;
-32.4% fatturato. Al momento solo il 6% delle imprese ricorre ad
ammortizzatori sociali, ma entro la fine dell'anno questa
percentuale salirà al 20%. La quota di imprese che prevede di
incrementare i livelli occupazionali è pari al 7,4% del
campione, contro il 19,4% che ne prevede la riduzione. "E'
evidente che stiamo vivendo un momento difficilissimo, forse più
difficile di quello vissuto due anni fa con l'inizio della
pandemia di Covid-19", dice il presidente dell'Api Torino,
Fabrizio Cellino. "La necessità di politiche industriali serie e
concrete deve trovare risposte immediate non solo da chi tra
pochi giorni governerà l'Italia, ma da tutta la classe politica
che siede nel nuovo Parlamento. I numeri parlano chiaro: i
risultati degli sforzi del sistema industriale del nostro
territorio sono davvero a rischio. Il punto cruciale adesso è
quello energetico. Occorrono coesione e politiche industriali ed
energetiche decise e immediate".
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