(ANSA) - ROMA, 22 MAG - "La Chiesa è stata in certi momenti
nel letargo, non aveva coraggio, non si muoveva. C'era una
complicità in alcuni territori con le mafie e la massoneria.
Oggi troviamo ancora alcuni di questi segmenti, molto forti
ancora. Ma ho visto i cambiamenti e non solo nei documenti. C'è
una presa di coscienza". Lo dice don Luigi Ciotti, fondatore di
Libera, in un'intervista contenuta nel libro di Toni Mira,
"Rinascere dalla mafia" (edizioni San Paolo), da qualche giorno
nelle librerie per ricordare i trent'anni dalle stragi del 1992.
Per don Ciotti "un ruolo non indifferente lo ha giocato la
malintesa religiosità dei mafiosi, ostentata quanto strumentale,
volta ad accreditarsi come uomini d'onore e di rispetto.
Religiosità di fatto incompatibile con il Vangelo". Il sacerdote
ricorda poi l'ultimo incontro con Giovanni Falcone, alcuni mesi
prima della strage di Capaci, ad un corso di formazione per la
polizia sulla droga. "Alla fine di quell'incontro - racconta don
Ciotti - ci siamo dati appuntamento per un caffè che non
prenderemo mai insieme". Ma da lì è cresciuto l'impegno per
liberare i ragazzi dalle dipendenze e per combattere la
criminalità organizzata, proprio occupandosi dei giovani più
fragili.
Infine il fondatore di Libera sottolinea l'importanza di dare
un 'nome' e un ricordo a tutte le vittime. "Ogni anno sono il 23
maggio a Palermo per concelebrare, per pregare, per camminare in
mezzo alla gente. Ma poi il giorno dopo ho scelto di andare a
Calimera, nel paese si Antonio Montinaro, per ricordare lui,
Rocco Dicillo, altra vittima pugliese, e Vito Schifani. Per
ricordare quei ragazzi delle scorte. E continuerò ad andare -
conclude don Ciotti -, nelle mie piccole cose, perché io sono
piccolo però ho imparato a guardare negli occhi e in faccia i
volti di tutti questi familiari". (ANSA).