(dell'inviata Manuela Tulli)
(ANSA) - KINSHASA, 01 FEB - L'ambasciatore italiano Luca
Attanasio, ucciso il 22 febbraio 2021 nella Repubblica
Democratica del Congo, era "un seminatore di speranza". A
ricordarlo è Papa Francesco che oggi ha incontrato le vittime
delle violenze nel Kivu, la provincia est del Paese, dove gli
assalti e le violenze sono all'ordine del giorno. Le ha
incontrate nella Nunziatura a Kinshasa perché la tappa di Goma,
che pure era prevista quando il viaggio era stato programmato
per la scorsa estate, è stata poi cancellata proprio a causa
della guerra. Ci sono violenze difficili anche da ascoltare in
questa giornata che il Papa ha voluto dedicare alle vittime, ma
anche la speranza data da "tutti i seminatori di pace che
operano nel Paese". "Alcuni hanno perso la vita mentre servivano
la pace, come l'ambasciatore Luca Attanasio - ha ricordato il
Papa -, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l'autista Mustapha
Milambo, assassinati due anni fa nell'Est del Paese. Erano
seminatori di speranza e il loro sacrificio non andrà perduto".
Il Papa ascolta, visibilmente commosso, testimonianze crude:
da quella di Ladislas che ha visto con i suoi occhi fare a pezzi
il padre, a quella di Bijoux, oggi una ragazza di 17 anni ma che
ha subito violenze da quando ne aveva 14 e che è rimasta incinta
del guerrigliero che l'ha violentata per 19 mesi. E oggi ha
portato i due gemellini da Francesco. Il Pontefice accarezza
tutti, con delicatezza: i volti dei bambini che hanno visto
tanto orrore, quelli delle ragazze violate, e anche i moncherini
di due donne che non hanno più un braccio, portato via con un
taglio di machete.
A tutti ha chiesto un gesto forte: "perdonare". E allora sono
stati messi ai piedi della croce di Cristo i simboli del male
subito, dai coltelli usati dagli aguzzini alle stuoie sulle
quali sono state abusate le donne. Parla di Dio e "in nome
suo", dice il Papa, "condanno le violenze armate, i massacri,
gli stupri, la distruzione e l'occupazione di villaggi, il
saccheggio di campi e di bestiame che continuano a essere
perpetrati nella Repubblica Democratica del Congo", ha detto
facendo poi un vero e proprio atto di penitenza. "Mi rivolgo al
Padre che è nei cieli" e "umilmente abbasso il capo e, con il
dolore nel cuore, gli chiedo perdono per la violenza dell'uomo
sull'uomo. Padre, abbi pietà di noi".
Alle vittime ha chiesto: "Vi prego di disarmare il cuore. Ciò
non vuol dire smettere di indignarsi di fronte al male e non
denunciarlo, questo è doveroso! Nemmeno significa impunità e
condono delle atrocità, andando avanti come se nulla fosse.
Quello che ci è chiesto, in nome della pace, in nome del Dio
della pace, è smilitarizzare il cuore: togliere il veleno,
rigettare l'astio, disinnescare l'avidità, cancellare il
risentimento". "Mai più: mai più violenza, mai più rancore, mai
più rassegnazione!", ha aggiunto il Papa.
La giornata di Bergoglio a Kinshasa era cominciata con la
messa all'aeroporto di Ndolo. Più di un milione i fedeli
presenti che hanno portato davanti al Papa, con il volto spesso
affaticato, forse anche per il caldo, una ventata di allegria
con il rito zairese nel quale i canti e i balli sono al centro
della liturgia. "Noi cristiani siamo chiamati a collaborare con
tutti, a spezzare il circolo della violenza, a smontare le trame
dell'odio", ha detto il Papa nell'omelia sottolineando che "le
differenze etniche, regionali, sociali e religiose vengono dopo
e non sono ostacoli".
La giornata di oggi si conclude in Nunziatura, con l'incontro
del Papa con alcuni rappresentanti delle organizzazioni
caritative che operano nel Paese africano. (ANSA).