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Vaticano: in libro appunti Agnes, 35 anni dietro le quinte

Il 'cattolico papale' tra spinte Montini e timori Wojtyla Iraq

(ANSA) - CITTA DEL VATICANO, 04 MAR - Un tributo a una figura di spicco per quanto solo apparentemente defilata del mondo cattolico. Ma soprattutto una indagine, da fine cronista, alla ricerca del dettaglio, del documento 'storico' contenuto nel piccolo appunto, nell'agendina piccola quanto preziosa, dove si raccolgono segretamente i pensieri e le impressioni del momento.
    Sono tanti i dettagli intriganti contenuti ne "L'Osservatore.
    Trentacinque anni di storia della Chiesa nelle carte private di Mario Agnes", (San Paolo), nuovo saggio di Ignazio Ingrao, vaticanista del Tg1, dedicato all'ex presidente dell'Azione cattolica e poi, per volere di Giovanni Paolo II, direttore dell'Osservatore romano dal 1984 fino alla pensione. Ed effettivamente, pagina dopo pagina, si sfogliano davvero 35 anni di storia della Chiesa dietro le quinte perché Ingrao, con l'ausilio di molte interviste (dal cardinale Leonardo Sandri all'ex sindaco di Roma Veltroni), rimette in fila 35 anni di riflessioni, analisi, tessiture di rapporti, interpretazioni di chi prima è stato a capo di una delle maggiori voci dell'associazionismo cattolico e poi del giornale 'ufficiale' della Santa Sede.
    Focus particolari sono sugli anni a cavallo tra il 1976 e il '78 segnati da referendum sul divorzio, dal rapimento Moro, dal compromesso storico. Spiccano annotazioni curiose e illuminanti della vita dell'Ac dopo gli incontri di Agnes con Fanfani, Piccoli, Moro, con il sostituto Benelli con cui spesso era in contrasto. Ecco alcuni esempi del 1976. "Lunedì 3 maggio.
    Udienza privata: ore 12.50-13.25. Il Santo Padre mi riconferma "stima" e gratitudine. Mi dice di rivolgermi direttamente a Lui se ho bisogno di qualcosa. Argomenti: 1) Elezioni; momento "decisivo" anche se non disperato. Bisogna impegnarsi. Gli dico che l'Ac potrebbe fare una "dichiarazione di principi": condivide, mi risponde: 'Dovrebbe' ". E poi. "Mercoledì 16 giugno. Incontro Giovanissimi Roma e Lazio con Madre Teresa: riuscitissimo". E ancora. "Giovedì 22 luglio. Incontro Andreotti. È un uomo di spicco. Non è soltanto furbo, come si usa dire da molti. Sempre più mi convinco che la Dc o è tutti (Fanfani, Andreotti, Moro, Piccoli, Zaccagnini, De Mita) o non è: ognuno porta una formazione diversa o, meglio, un "itinerario" ricco e arricchente".
    Non meno interessanti, vista anche la coincidenza per cui il saggio esce il giorno in cui Francesco va in missione in Iraq, gli appunti della "agenda nera" del 1993 quando Agnes era ormai alla guida dell'Osservatore. Molte sono le pagine del volume dedicate al tormento di Giovanni Paolo II e di tanta parte della curia vaticana per la Guerra del Golfo (già nel '91 Agnes faceva scrivere delle sofferenze anche del popolo curdo), e poi per la guerra in Iraq del 2003. Ingrao restituisce un ritratto fedele di Agnes non sorvolando anche sulle accuse rivoltegli: troppo meridionalismo e problemi interni dell'Italia a scapito dei temi esteri sul giornale. Ingrao concorda infine con lo storico Andrea Riccardi, cui è affidata una ricca prefazione, che in definitiva Agnes fosse un "cattolico papale". "Così lo definirei - scrive Riccardi-. Con Paolo VI, poi con Giovanni Paolo II. Per lui il cattolicesimo italiano aveva nel Papa una grande risorsa. Verso i cosiddetti cattolici democratici, sia nell'Ac, sia in politica, aveva scarsa simpatia. Ma non era un fazioso. Si opponeva a un rapporto, da lui giudicato troppo stretto, tra la Cei e Berlusconi, dopo la fine della Dc".
    "Appena assunta la direzione del giornale - scrive anche -, Agnes interrogò il segretario di Stato, Casaroli, e il responsabile delle relazioni internazionali, mons. Silvestrini, su come trattare le questioni dei paesi dell'Est. Agnes si sentì dire che non bisognava attaccare frontalmente la questione di Jalta. Giovanni Paolo II si mostrò di altro sentire e lo invitò, in caso di difficoltà, 'a rivolgersi a noi'". "Dopo l'11 settembre 2001 - prosegue -, L'Osservatore non risparmiò il cordoglio per gli attentati terroristici ma poi fece eco alla voce del Papa, appoggiando la missione del card.Etchegaray presso Saddam Hussein e quella del card. Laghi presso il presidente George Bush jr. Wojtyla voleva evitare che scoppiasse una guerra di civiltà e che tale diventasse l'attacco all'Iraq.
    Era convinto che fosse un errore e che avrebbe fatto il gioco dell'islam radicale". (ANSA).
   

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