Un cavillo burocratico mette a
rischio la produzione di girasole nelle Marche, regione leader
del settore con un giro d'affari 40 milioni di euro. A lanciare
l'allarme, il direttore di Confagricoltura Marche Alessandro
Alessandrini: un "errore di ufficio", è la denuncia, che
danneggia una coltura "dal significativo impatto economico per
le aziende agricole, e dallo straordinario valore
paesaggistico".
Alessandrini chiede "una immediata modifica del decreto
pubblicato dagli uffici regionali due giorni fa, quello che
disciplina le linee guida per la produzione integrata delle
colture". "In tale decreto - spiega - il sostegno pubblico alle
aziende agricole derivante da uno degli ecoschemi previsti dalla
Pac è subordinato al divieto di utilizzo di un geodisinfestante
contro l'elateride, insetto che mangia le radici della piantina
di girasole. Eppure, il principio attivo di questo
geodisinfestante, il teflutrin, è ammesso per tante altre
tipologie di coltivazioni, come il mais, la barbabietola, il
pomodoro, la patata, la carota, il cavolo, il fagiolo, il
finocchio. Il divieto sul girasole è in nome di una presunta
tutela ambientale che - secondo Alessandrini -non ha ragion
d'essere, visto che tale prodotto viene distribuito in maniera
localizzata, immersa nel terreno accanto al seme e subito
ricoperta, con un microgranulatore che ne centinella le dosi".
Il rischio è che "la coltura di girasole non sia più conveniente
per le imprese agricole".
Nelle Marche si coltivano a girasole oltre 30mila ettari (di
cui 12.800 nella provincia di Ancona e 8.900 in quella di
Macerata) dei 111mila coltivati in Italia; 722mila i quintali
prodotti in regione. "Sono certo che l'assessore regionale
all'agricoltura Andrea Maria Antonini sarà sensibile alla grande
preoccupazione che si registra tra gli imprenditori agricoli -
ha aggiunto Alessandrini - e troverà la giusta soluzione per
risolvere una problematica che penalizzerebbe senza motivo il
settore primario regionale".
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