Il proprio volto studiato,
destrutturato e poi ricostruito, i paesaggi dal sapore
intimista, e poi i ritratti-omaggio agli amici di sempre, ai
familiari e ai 'maestri', per raccontare su carta e tela, dagli
anni della gioventù a quelli della maturità, il suo mondo in
divenire. Passa anche dalla sperimentazione del segno e del
colore l'espressione della complessa poetica pasoliniana, come
rivela la mostra "Pasolini pittore", alla Galleria d'Arte
Moderna di Roma dal 29 ottobre. Frutto di un approfondito studio
scientifico, la mostra (a cura di Silvana Cirillo, Claudio
Crescentini e Federica Pirani, allestita fino al 16 aprile 2023)
riunisce oltre 150 opere, provenienti dal Gabinetto Vieusseux di
Firenze, dalla Cineteca di Bologna, dal Centro Studi Pasolini di
Casarsa, dall'archivio Zigaina e dalla collezione degli eredi di
Pasolini.
Il percorso indaga l'arte di Pasolini fin dagli inizi, quando
le prime prove pittoriche si accompagnavano agli esordi poetici
in friulano. Anche nella pittura, così come in ogni
manifestazione della sua poetica, Pasolini ha dato attenzione ad
alcuni temi ricorrenti: la fisicità del corpo, la natura, il
mondo popolare e quello degli affetti, accanto allo sguardo
inquieto su di sé. Tutto questo si traduce principalmente in
ritratti (da Laura Betti a Ninetto Davoli, da Maria Callas ad
Andrea Zanzotto e Giuseppe Zigaina, e poi la madre Susanna, il
cugino Nico Naldini, Ezra Pound e Roberto Longhi) e autoritratti
(a partire dal celebre "Autoritratto con fiore in bocca" del
1947, attorno a cui idealmente si sviluppa il percorso); ma non
solo, perché accanto alla varietà umana, con le figure
femminili, gli amici, i ragazzi, il suo stesso volto ricercato e
rappresentato ossessivamente, ad abitare la sua produzione anche
i luoghi del cuore, come Casarsa della Delizia (il paese della
madre Susanna), in una sperimentazione tecnica tra tempera e
inchiostro, matite grasse e pastelli, carte da lucido e
cellophane.
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