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Il cervello cambia dopo 6 mesi nello spazio, rischi per la vista

Il cervello cambia dopo 6 mesi nello spazio, rischi per la vista

Lo dimostrano le risonanze degli astronauti

04 maggio 2022, 10:25

Redazione ANSA

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Un astronauta impegnato in un 'attività extraveicolare (fonte: NASA) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un astronauta impegnato in un 'attività extraveicolare (fonte: NASA) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Un astronauta impegnato in un 'attività extraveicolare (fonte: NASA) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Durante le missioni spaziali di lunga durata il cervello umano si adatta alla microgravità dilatando le cavità che contengono il liquido cerebro-spinale intorno ai vasi sanguigni, una condizione che aumenta il rischio di disturbi alla vista. Lo dimostra l'analisi delle risonanze magnetiche di una quarantina di astronauti di Nasa, Agenzia spaziale europea (Esa) e russa (Roscosmos), pubblicata da un team internazionale di esperti sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas). Lo studio, che potrà aiutare lo sviluppo di nuove soluzioni per tutelare la salute umana in vista dell'esplorazione della Luna e di Marte, vede come primo autore Giuseppe Barisano, giovane ricercatore italiano nel campo delle neuroscienze all'Università della Southern California.

Insieme ai suoi colleghi, Barisano ha valutato le risonanze magnetiche dell'encefalo effettuate sugli astronauti prima della partenza per la Stazione spaziale internazionale (Iss) e al loro ritorno sulla Terra dopo i sei mesi di permanenza in orbita.

Le immagini mostrano un aumento del volume degli spazi perivascolari che contengono il liquido cerebro-spinale, un cambiamento più marcato negli astronauti della Nasa rispetto ai cosmonauti della Roscosmos. Resta ancora da chiarire il motivo di questa differenza. “Dal momento che gli astronauti Nasa e i cosmonauti Roscosmos nel nostro studio hanno trascorso lo stesso tempo nella Stazione Spaziale Internazionale – spiega Barisano all’ANSA - abbiamo ipotizzato che le differenze che abbiamo trovato possano essere dovute al fatto che le contromisure e i protocolli di allenamento adottati dagli astronauti Nasa per contrastare gli effetti della microgravità sul corpo umano sono diversi da quelli adottati dai cosmonauti Roscosmos. Si tratta solo di un’ipotesi per ora: sono necessarie ulteriori analisi per capire il reale impatto di queste contromisure nelle alterazioni cerebrali che abbiamo riscontrato”.

Tra i 24 astronauti della Nasa esaminati, otto avevano sviluppato la cosiddetta sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale (SANS) che “consiste in una serie di modificazioni strutturali nel cervello e negli occhi”, precisa Barisano. “Colpisce circa il 50% degli astronauti che si sottopongono a viaggi di lunga durata (6 mesi o più) nella Stazione Spaziale Internazionale. Il sintomo principale è l’alterazione della vista, con difetti soprattutto nella visione da vicino (ipermetropia), mentre un sintomo meno frequente è il mal di testa. Solitamente, questa condizione si presenta durante il volo spaziale e si normalizza al rientro sulla Terra, purtroppo però si sono registrati dei casi con alterazioni permanenti”.

Lo studio delle risonanze magnetiche degli astronauti Nasa colpiti da SANS ha permesso di riscontrare un maggior volume degli spazi perivascolari nella sostanza bianca del cervello, sia prima che dopo il volo. Questo dato suggerisce che l'accumulo di liquido possa aumentare il rischio di sviluppare la sindrome neuro-oculare con possibili conseguenze per la vista.

“La misura del fluido negli spazi perivascolari del cervello potrebbe dunque essere utilizzata come marcatore, sia per identificare i soggetti a rischio di sviluppare questa sindrome sia per eventualmente monitorare l’efficacia di potenziali strategie preventive e terapeutiche per questa sindrome”, osserva Barisano.

“Al di là dei risultati scientifici che abbiamo ottenuto – aggiunge il ricercatore – credo che questo progetto (che è il primo studio di neuroimaging a includere astronauti e cosmonauti di tre diverse agenzie spaziali) dimostri l’importanza della cooperazione internazionale nello studio dell’adattamento dell’essere umano nello spazio. Soprattutto in momenti storici difficili come questo che stiamo vivendo, crediamo che sia importante enfatizzare il ruolo fondamentale della cooperazione internazionale nel progresso scientifico e, in particolare, nella medicina spaziale: è essenziale che queste collaborazioni tra agenzie spaziali continuino al fine di garantire la sicurezza degli astronauti e cosmonauti nello spazio e di favorire l’esplorazione spaziale umana nelle future missioni spaziali, incluse quelle verso la Luna e Marte”.

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