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A Favignana, l'isola da scoprire tra il recupero della tonnara Florio e il mare turchese

A Favignana, l'isola da scoprire tra il recupero della tonnara Florio e il mare turchese

La Camparia negli ex magazzini lounge bar e museo a cielo aperto

14 giugno 2022, 14:12

Testo e foto di Alessandra Magliaro

ANSACheck

isola di Favignana - gli ex magazzini della tonnara Florio restaurati - Camperia - RIPRODUZIONE RISERVATA

isola di Favignana - gli ex magazzini della tonnara Florio restaurati - Camperia - RIPRODUZIONE RISERVATA
isola di Favignana - gli ex magazzini della tonnara Florio restaurati - Camperia - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Se questo posto ha un'anima oggi è contento di riuscire a conservarla" dice Maria Guccione, testimone e voce dell'isola di un'altra epoca, quando a lavorare nella Tonnara prima dei palermitani Florio e poi dei genovesi Parodi c'erano più di 800 operai tra tonnaroti e braccianti (donne) dello stabilimento che metteva in scatola il tonno rosso. Guccione, 85 anni appena compiuti, ex insegnante, ex albergatrice del primo hotel-ristorante di Favignana che negli anni '60 portò i primi turisti attirati dal mare incontaminato e ricco di tesori archeologici, è oggi traghettatrice dello spirito del luogo in un'isola profondamente cambiata, diventata a vocazione turistica con una popolazione che arriva a 70mila persone in agosto dalle poche migliaia di residenti in inverno.
Con un imponente investimento e fondi europei i magazzini della tonnara, da 20 anni in malora, sono stati recuperati, restaurati, riportati a splendore, incluse alcune barche come la lancia ottocentesca di Donna Franca Florio (da dove 'partecipava' alla pesca) che ora è in bella mostra alla Camparia, una location che vuole essere proprio ponte tra quel passato e presente della maggiore delle isole Egadi. E' un posto da vivere di giorno e soprattutto di notte, tra lounge bar, wine bar (e annessa boutique super chic) dove godersi uno spazio in riva al mare con un design ricercato nell'illuminazione e negli arredi che è anche un museo a cielo aperto con le antiche vestigia restaurate, mentre gli spazi interni, quasi delle cattedrali dai soffitti altissimi dove un tempo si mettevano a rimessaggio le barche e si riparavano le migliaia di metri di reti, ora cominciano ad ospitare reperti della tonnara, opere d'arte e pezzi d'epoca che arriveranno anche dalle cantine Florio di Mazara ma che, nelle intenzioni della imprenditore palermitano Fabio Tagliavia, ex manager nel settore croceristico e nel trasporto commerciale, ospiteranno mostre e installazioni.
Proprio di fronte l'altra parte della tonnara, gli ex stabilimenti di lavorazione, che sono un museo pubblico visitabile, tra i più frequentati di tutta la Sicilia, che l'architetto di Palermo Flavio Scarpinato per conto del comune di Favignana cura con la passione di chi sa di avere a che fare con un grande tesoro di archeologia industriale e non solo. Entrare negli Stabilimenti Florio aperti a metà Ottocento dal senatore Ignazio , per oltre un secolo il più importante e moderno dell'intero Mediterraneo per la lavorazione del tonno e chiusi definitivamente alcune decine di anni fa, è un (assolato) viaggio culturale da non perdere: dalla cala di mare entrava la flotta carica di tonni e cominciava la lavorazione, con la bollitura in acqua e sale in enormi vasconi all'aperto e poi la selezione e l'inscatolamento, un intero ciclo produttivo in house. "Fu qui dentro che l'amministratore Gaetano Caruso, il più valido di tutta questa storia centenaria, inventò la scatoletta di tonno con la chiave, ancora oggi in uso nel mondo, come pure Lina Carraro Parodi che subito dopo la guerra nel 1946 aprì qui la prima nursery industriale dove le donne che lavoravano potevano lasciare i figli e fare pause per allattarli. Pensiamo a turni che oggi definiremmo schiavistici di oltre 10 ore ma qui a differenza delle fabbriche del resto d'Europa fu varato il primo asilo nido, un benefit raro, una eccellenza riconosciuta. E' da qui - prosegue - che la prima scatoletta di tonno italiana, Florio per l'appunto, fu commercializzata".
In questi stabilimenti negli anni d'oro, che furono nella seconda metà dell'Ottocento con quasi 11mila tonni pescati in un giorno, e poi a metà anni '60, la Tonnara di Favignana faceva vivere l'isola con la lavorazione del pesce. Tutto questo oggi è storia, con i magazzini recuperati, lo stabilimento-museo a testimoniare un passato, legato in realtà anche alle cave di uno speciale tufo, che ora è superato dal turismo italiano ed internazionale grazie ad un mare turchese mozzafiato e ad un territorio senza sconci edilizi. Si restaurano le antiche stalle e case di famiglia e persino un ex complesso militare, il Nido del Pellegrino, che viene recuperato come resort di lusso a picco sul mare senza alternarne la facciata.
Delle 78 tonnare di fine Ottocento esistenti in Italia nessuna ora è attiva tranne Carloforte in Sardegna, il tonno si continua a pescare e consumare ma senza l'organizzazione e lo stabilimento di un tempo e senza neppure quella primitivo rito chiamato mattanza . Ci sono le tonnare 'volanti' ,come quelle che fuori dello stretto di Gibilterra consentono alle flotte giapponesi di catturare il tonno che dall'Atlantico si dirige nelle acque calde del mar Mediterraneo per riprodursi e la pesca regolamentata dalle singole barche. Il giorno di San Giorgio, il 23 aprile (a ricordo del giorno del 1063 in cui i Normanni sconfissero gli arabi), il 'rais', parola araba per definire il capo assoluto della tonnara, dava il segnale per calare le reti e costruire la camera della morte, ossia il tratto di mare delimitato in cui i tonni in amore venivano fatti confluire e dove venivano pescati con la feroce mattanza. Filmati d'epoca - come l'ultima mattanza di Favignana filmata dall'antropologa Monica Modica - documentano questa cattura che prevedeva scannamento e dissanguamento in mare proprio come specialità locale.
L'isola è cambiata, i tonnaroti che hanno vissuto quel tempo durissimo sono ormai anziani, come lo 'zio Peppe' Giuseppe Giangrasso, ultimo custode, che all'ingresso del museo intona i canti arabi propiziatori della mattanza (e racconta di una prostituta Lola, che veniva tenuta a prua pronta a denudarsi come a voler sedurre il mare per ottenere una ricca pesca per attirare i tonni nel caso fossero recalcitranti a imboccare il corridoio mortale, un retaggio della cultura patriarcale che oggi ci fa venire i brividi). Restano pochi pescatori e tanti giovani impiegati nel turismo e anche talenti, come Francesco Culcasi, giovane trapanese con esperienza in tutta Europa, tra i fondatori di Making Partners, una società di organizzazione eventi che ha fatto diventare l'isola di Favignana una location per matrimoni da tutto il mondo, shooting di moda e che organizza un festival di musica come The Djoon Experience Favignana, una cinque giorni di underground house music di rilevanza mondiale, tappa di un format che da Parigi a Detroit è ormai celebre.
Capitolo a parte la gastronomia isolana, con i profumi delle spezie locali, le polpette di tonno (anche questo con una storia, nate dagli scarti del pesce che venivano dati nella paga dei tonnaroti), le busiate da condire con i Tistune, i gamberi tipici delle Egadi, il cous cous con il pesce, i dolci di ricotta cannoli e cassatelle e le granite come quelle di Cibo Chiacchiere e Vino, tra i luoghi magici dell'isola dove godere il tramonto assaggiando i piatti locali dell'azienda agricola Terre del Favonio a km zero. Scaliddre, l'Agriturismo L'Alencio, Formica, Sottosale sono gli altri migliori indirizzi per mangiare sull'isola delle Egadi. Cosa provare? Una rarità ossia le Frascatola, un piatto povero tipico della cucina dell’isola, in pratica un cous cous ulteriormente lavorato, e condito con fumetto di pesce realizzato con aragosta o cernia, una vera bontà.

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